Roberto Zizzi Zanetti 4et, No Prohibition Unit -recensione e intervista

Roberto “Zizzi” Zanetti 4et

No Prohibition Unit

Cat Sound Records 2016

Una bella immagine di Storia quella che giunge dal quartetto di Zizzi Zanetti, dedicata ad uno dei momenti più creativi della vicenda estetica di quel jazz che fu controcultura negli anni della Depressione e oltre.

 

L’incipit dell’album è ascritto alla memoria di Thelonious Monk, che comunque di quel clima culturale e politico fu figlio, imprescindibile riferimento affettivo e stilistico per il pianista veneto: “Thank you Mr.Monk” vive nelle meditazioni, nell’essenza riflessiva, nei fraseggi frastagliati del genio di Rocky Mount, che il Nostro sa depauperare di quel sottile egocentrismo accogliendone la “logica” improvvisativa e le vibrazioni comportamentali.

Di qui nasce l’irresistibile fascino per le tensioni emotive dei Maestri - Art Tatum e Fletcher Henderson, innanzitutto - che accompagna il movimento ascensionale di un “No Prohibition Unit” che, coerentemente, ignora ogni proibizione per cercare Blue Notes che rechino testimonianza di quegli anni e, allo stesso tempo, viaggino nei climi espressivi contemporanei (“Speakeasy”, “Valvoline”) fino all’ispirato passo libero di “Play it again Sam”, ove, rivisitati i movimenti lirici di John Coltrane ed evocata l’immagine fumosa e serotina del Rick’s Café nel capolavoro “Casablanca” (Michael Curtiz 1942, con Humphrey Bogart ed Ingrid Bergman), il sax tenore di Valerio Pontrandolfo ha modo di incrementare l’eccellente profilo Bop di un quartetto distinto dalla fiammante volontà di eccedere in forme creative dense di sentimento e, per naturale ossimoro, in equilibri cromatici tanto composti dal lato stilistico quanto seducenti dal lato performante, come nella soffusa Elegia di “Chorale for Augusto”.  

Un album “completo” dal lato emotivo e culturale, piacevole, passionale, che nelle composizioni originali di Zizzi Zanetti e nell’ottimo interplay narra di avventure d’Oltremare di crisi esistenziali, di vivacità del vivere la Musica, di un Pathos che tutti vorremmo sempre ascoltare.

Ne parliamo con Zizzi:

D. Perché l’esigenza di “visitare” un momento così particolare della storia americana e del jazz?

R. E’ da qualche anno che sento l'esigenza di fare omaggio alla "Jazz Age" con un album che ricrei l' atmosfera magica degli "anni ruggenti” del jazz, così è nato “No Prohibition Unit". Sicuramente il fascino di quegli anni e i musicisti che ne hanno fatto parte sono irripetibili e inimitabili. Sono sempre stato affascinato dallo  spirito combattivo e innovativo che si respira nella musica di quegli anni nonostante i grossi problemi socio- economici che piagavano l’America. Penso, per esempio, a quei musicisti di colore, che durante il periodo del "proibizionismo" e di seguito la “Grande Depressione” erano costretti a vagare da una città all' altra per trovare lavoro, non avendo la possibilità di essere iscritti al sindacato per motivi razziali.

D. Come mai, a tuo avviso, il Proibizionismo finì per da vita ad esperienze musicali tanto straordinarie? Più si “proibisce” più si stimola l’istinto creativo?

R.Ma direi di si, il meccanismo della proibizione crea ad un certo punto la reazione contraria che nel nostro caso fu quella di creare un’enorme traffico clandestino di sostanze alcoliche ma anche, come in tutti i periodi storici di repressione, un impulso innovativo alle varie forme di arte compresa la musica jazz, aprendo nuove vie e nuove forme di ricerca . Una delle conseguenze è stata quindi che i musicisti di quegli anni hanno creato uno stile così moderno e senza tempo che ancora oggi, quando ascolto brani di Art Tatum, Bix Beiderbecke o Fletcher Henderson, sono costretto a controllare la data di registrazione perché non mi capacito del numero di anni che ci separano da loro; e alla loro memoria dedico questo disco.

D. L’album inizia con un omaggio a Monk e termina con un brano lirico, intimista. Una “circolarità” del tuo viaggio?

R. Probabilmente sì. Diciamo che le figure di Thelonius Monk e Augusto Tretti sono due immagini nitide nella mia mente ed entrambe mi hanno accompagnato nella mia crescita di uomo e artista. L’album apre con “Thank you Mr. Monk” dedicato appunto al genio compositivo ed esecutivo di T. Monk al quale ho dedicato molte ore di studio ricavandone ispirazione dal linguaggio armonico e dalla particolare pronuncia. Con “Choral For Augusto”, corale in stile bachiano, ho cercato di fondere  la scrittura liturgica, dalla quale provengo, con lo stile che ho acquisisto studiando il repertorio americano coniugando un’idea melodica classica con una forma  e progressioni armoniche inusuali per la scrittura classica ma compatibili con il jazz. E’ dedicato al regista Tretti  che ho avuto la fortuna di conoscere e di frequentare come amico, poco conosciuto dal grande pubblico ma famoso e  rispettato negli ambienti cinematografici, mi ha insegnato che  “un artista non deve mai dimenticare le sue origini” e così ho cercato di fare....

D. Com’è avvenuto l’incontro con i tuoi eccellenti comprimari e quanto vi lega il messaggio di questa performance?

R. Da molti anni collaboro con questi musicisti, che mi hanno accompagnato e sostenuto nel mio viaggio, condividendo completamente tutte le mie scelte e partecipando alla stesura degli arrangiamenti dei singoli brani per esprimere un messaggio musicale semplice, diretto e comprensibile, come era alle origini il linguaggio jazz.

D. In che relazione porresti questo album con quelli incisi nel corso degli anni? Mi riferisco in particolare a “My Monk” (2010), “Minor time” (2014) e soprattutto “Zizzi’s howl” (2012), di cui parlammo a suo tempo…*

R. Certo, la matrice del mio lavoro, il mio stile e i miei modelli d’ispirazione rimangono coerenti in tutta la mia produzione artistica ma ho tentato di spaziare cercando ispirazione nei diversi aspetti e periodi storici della cultura americana per evitare di essere ripetitivo, ma anche perché lo trovo stimolante dal punto di vista intellettuale. Nel caso di NPU l’aspetto storico è stato molto rilevante rispetto al lavoro teatrale “The Zizzi’s Howl”, che era invece incentrato sulla letteratura della beat generation. Le altre due produzioni hanno invece un taglio più strettamente stilistico-musicale. Forse un comune denominatore del mio lavoro è il viaggio sia in senso fisico sia virtuale Mi piace lasciarmi prendere dalle abitudini culturali e dalle varie umanità dei Paesi che visito ma trovo anche grande ispirazione dalla letteratura e dalla stampa che caratterizzano una nazione.

Fabrizio Ciccarelli

Roberto “Zizzi” Zanetti – piano; Valerio Pontrandolfo – tenor sax; Luca Pisani – bass; Massimo Chiarella – drums

  1. Thank You Mr. Monk 2. Speakeasy 3. Valvoline 4. No Prohibition Unit 5. Bloody Mary 6. Outlaw 7. Invincibles 8. Play It Again Sam 9. Dow Jones 10. Chorale for Augusto   * [http://thezizzishowl.blogspot.it/2012/02/fabrizio-ciccarelli-di-romainjazz.html]
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