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Michele Brienza Quartet

Mainstrings

Bumps Records 2017

 

Lunga vita al Mainstream! Ne sono convinto, proprio in questo momento in cui la “sperimentazione” spesso dà frutti troppo acerbi e visioni confuse su cosa sia il Jazz, pensando che ogni Nota possa essere elevata a rango di comunicazione musicale e di ricerca di un libero arbitrio per cui scandire ricerche d’ogni tipo, raffazzonate in narcisismi del tutto autoreferenziali.

Mainstrings: Michele Brienza con questo album d’esordio dal titolo programmatico ci ricorda che la Memoria delle Blue Notes non può e non deve esser trascurata; mai, specie se a ricordarne i tratti più salienti, le visioni più raffinate, i passi decisivi e maggiori, sono brani scelti per rappresentare una dizione ed un pensiero coerente, agile e ordinato, indotto da giuste riflessioni su Maestri quali Pat Martino e Jimmy Raney “ma soprattutto sassofonisti come Sonny Stitt, Sonny Rollins, Pepper Adams e John Coltrane”, come virgolettato nel comunicato stampa relativo a questa eccellente incisione.

Ed appunto in assoluta coerenza sei standards dall’andamento superbo per swing, saggezza improvvisativa ed interplay, nel nome di una Tradizione magnifica che ancora lascia ammirati in quanto a pura bellezza di pentagrammi, a carezze melodiche e a descrizione storica di Momenti indimenticabili del Bel Suono: fra essi, il sorridente e solare divagare di The End of a Love Affair di Edward Redding (eccelso nella lettura crepuscolare di Billie Holiday) e di All by Myself di Irving Berlin, popular song nelle divine corde auree di Ella Fitzgerald nel 1958, nelle morbide ma indecise flessioni pop di Bobby Darin nel 1962 e nell’enorme successo discografico del 1960, piacevole e nient’altro, di Nat King Cole, cui il Nostro ridà nuovo smalto e sinuosa lucentezza. Intermedi nell’excursus due brani a propria firma: Mainstrings e More and Less, due pagine prive di ispessimenti stilistici ed iperstrutturazioni compositive affrontate con amore per le trasparenze dialogiche con tre bravi comprimari: Andrea Candela al piano ed una ritmica di tutto valore e di convincente consistenza formale, Vincenzo Florio al basso e Maurizio Matera alla batteria.

Garba molto che a chiudere l’album vi siano due pièces descritte da un Pathos in caldo slancio jazzistico, Everything I Love di Cole Porter e Pennies fron Heaven di Johnny Burke e Arthur Johnston nella superlativa versione di Jimmy Raney, Luce Consiliare di Michele Brienza, chitarrista abile e colto, narratore di Storie senza Enfasi ed inutili Artifici.

Fabrizio Ciccarelli  

Michele Brienza – chitarra

Andrea Candela – piano

Vincenzo Florio – basso

Maurizio Matera – batteria

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