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Guido Di Leone Trio, Parents, Abeat Records 2019

 

Quando si parla di chitarra e di eleganza jazzistica immagino che ad ognuno di noi vengano in mente i grandi storici seicordisti (da Django Reinhardt a Kenny Burrell, Herb Hellis, Jim Hall, Barney Kessel, Wes Montgomery ed almeno una decina d’altri): su queste lezioni si muove bene, benissimo, Guido Di Leone, un abile ed equilibrato strumentista-compositore che, con Parents, conferma la sua fama di artista dalla forte capacità comunicativa.

Già, perché di belle idee se ne possono aver tante ma ancor più importante è saperle disporre e proporre, come importante, per la riuscita artistica di un album, è saper scegliere i brani e le atmosfere che più si confanno al proprio modo di sentire. Questo accade per questo Trio, con la bella partecipazione di Jim Rotondi (trombettista dall’esperienza stratosferica: Ray Charles, Lionel Hampton, Curtis Fuller, George Coleman…) e del talentuoso contrabbassista Paolo Benedettini (di cui ricordiamo per brevità solo le collaborazioni con Benny Golson, Bobby Durham, Archie Shepp, Jimmy Cobb): tanto per capire di quale Trio stiamo parlando, di quale formazione voluta da quel Guido Di Leone già con Mark Murphy, Jerry Bergonzi, Mal Waldron, Gianluigi Trovesi, Gianni Basso, Dado Moroni e Franco Cerri, Gran Maestro della chitarra jazz italiana, a mio avviso proprio del Nostro pater in pectore per raffinatezza e fluidità.

Cosa si suona in Parents? Innanzitutto bei pentagrammi (quando si dice che l’intelligenza non vive mai senza bellezza). Innanzitutto (ma solo per mio opinabile gusto personale, in quanto obiettivamente non c’è un passaggio migliore o uno minore in questa performance) il mondo articolato di Phrygian Sound Connotation - un brano denso d’autobiografismo e di eccellente poliedricità esecutiva firmato da Di Leone, che è autore anche del notturno dell’assorto cantabile di From a Chinese Song - la magnifica popular del genio cubano Ernesto Lecuona The Breeze and I, il Bop disinvolto e fascinoso e magnetico del Gigi Gryce di Minority (evviva!), il segmento emozionante di Little Karin di Benny Golson (evviva bis!). E, tanto per non far mancar nulla alla versatilità di questo jazz, l’indimenticabile Bossa maggiore Você vai ver del gigante Tom Jobim.

Francamente le situazioni emotive create da questo Trio meriterebbero un’incisione Live, e non solo in Studio. Chapeau!

Fabrizio Ciccarelli   

Guido di  Leone Guitar

Jim Rotondi Trumpet, Flugelhorn

Paolo Benedettini Doublebass

  1. O.B. ( Jim Rotondi)
  2. Phrigian sound connotation (Guido Di Leone)
  3. The breeze and I ( Ernesto Lecuona )
  4. Leaving ( Richie Beirach)
  5. Minority (Gigi Gryce)
  6. From a Chinese Song (Guido Di Leone)
  7. Bruno’s line ( Paolo Benedettini)
  8. Little Karin ( Benny G olson) introducing Alberto Di Leone on trumpet
  9. Você vai ver ( A.C.Jobim)
  10. I’ve got the world on my strings (Guido Di Leone)
  11. What’s new (Bobby Haggart)
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