My Favourite Swing, Swing That Rock

My Favourite Swing

Swing that Rock

Azoto Records 2016

Da tanti decenni il Jazz ci insegna che Musica è innanzitutto pensare con la propria testa e scegliere ciò che più denota la propria specificità e i propri gusti, che risponde con più immediatezza alle nostre pulsioni, alle nostre esigenze, al nostro “sistema filosofico”.

 

Il Quintetto My Favourite Swing ha consapevolmente preso possesso di quel sistema che mette d’accordo le esigenze della Variatio storica del linguaggio musicale e la certezza di poter polarizzare simmetrie e contrapposizioni in soluzioni del tutto originali, descritte, suonate e cantate con spontaneità, curiosità e, comunque, desiderio di ricerca (altrimenti di che Musica potremmo mai parlare?).

Piace l’arguto arbitrio della tracklist, piace l’eclettismo delle scelte, convince il piano assertivo degli arrangiamenti e la considerazione estetica con la quale i pentagrammi originali vengono trattati, manipolati, estroflessi dalla rigidità del Genere ed immessi in un polittico di grande piacevolezza e d’indubbia attenzione armonica e tecnica.

Primo e illuminato esempio è la rilettura bossa (peraltro in qualche modo già insita nell’originale) di “Rock the Casbah” dei Clash, ben meditata nel fraseggio della brava vocalist Daniela Turchetti e ampliata dal flou emotivo di Riccardo Notazio alla chitarra e Luciano Orologi al sax, strumentisti di sicura modernità e quanto mai attenti alle lezioni dei grandi degli anni 60, come evidente nel morbido groove di “All my Loving” dei Beatles, nel quale l’intenso sottofondo dei magneti della Sei Corde e la sapida sinuosità dell’ottone qualificano l’intenzione della Band di orientare in senso “globale” l’atmosfera di un album che intende tradurre in filologico Swing l’equilibrata evanescenza di Sting (“Seven Days”) ed il Reggae europeo dei Police (“Message in a Bottle”), l’esistenzialismo acido dei Nirvana (“Lounge Act”) e lo Spleen visionario e meraviglioso dei Doors (“Riders on the Storm”), traducendo in libertà di Marchin’ Band il Climax Afro di Peter Gabriel (“Sledgehammer”), interpretando in Blue Notes il Grunge evoluto dei Soundgarden (“Black Hole Sun”).

Come il Quintetto conclude la performance? Naturalmente con l’energia Nera del Michael Jackson  di “Billy Jean”, a nome dell’entusiasmo “corsaro” che apre e chiude una Fatalità jazzistica che io, giusto o non giusto, chiamo Anima.

Fabrizio Ciccarelli

Daniela Turchetti: voce

Luciano Orologi:sax soprano e tenore

Riccardo Notazio: chitarre e arrangiamenti

Luca Necciari:contrabbasso

Roberto Forlini: batteria

1) Rock the Casbah, The Clash ( Joe Strummer) 5:04

2) All my loving, The Beatles (Lennon/McCartney) 3:41

3) Carmen Queasy, Maxim Reality 4:06

4) Here There & Everywhere, The Beatles (Lennon-McCartney) 3:23

5) Seven Days, Sting 3:31

6) Mad World, Tears For Fears (Roland Orzabal) 5:08

7) Message in a Bottle, The Police (Sting) 3:44

8) Lounge Act, Nirvana (Kurt Cobain) 2:58

9) Riders on the Storm, The Doors (J.Morrison) 3:51

10) Sledgehammer, P.Gabriel 3:22

11) Black Hole Sun, Soundgarden (Chris Cornell) 6:46

12) Billie Jean, M.Jackson 6:09

 

 

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