giuseppe cappello-caro direttore (di stefano cazzato)

Giuseppe Cappello

Caro Direttore

Un decennio di cronache e riflessioni su politica, società e cultura nell'interlocuzione di un cittadino con i più importanti giornali italiani (2006-2017)

Aracne, 2017 pp.143 euro 10

 

Questo è un libro che resterà e che parlerà negli anni a venire per chi saprà e vorrà interrogarlo e leggerlo anche tra le righe, dove sono disseminate numerose  chiavi di lettura che ci occorrono per  capire il presente e il futuro. Resterà perché è  il documento di un decennio importante della storia italiana e non solo.

Dal 2006 al 2017 Cappello ha scritto moltissime lettere ai più importanti giornali italiani (Il Riformista, L'Unità, Il Manifesto, la Repubblica, Il Fatto quotidiano, La Stampa), che non solo le hanno pubblicate ma gli hanno, in molti casi, risposto. Ne è nato un confronto vivido e in presa diretta tra lui e i giornali e tra i giornali e i lettori che continua tuttora attraverso questa provvidenziale raccolta. Non è esagerato dire che ciascuna di queste lettere avrebbe fatto la sua bella figura come editoriale sulla prima pagina dei giornali dove a suo tempo fu pubblicata.

I temi sono quelli della politica ma anche del costume, della morale, della religione, dell'istruzione, della cultura messi sotto la lente attenta di un cittadino come tanti che, diversamente da tanti, maneggia però con consapevolezza tutti gli strumenti dell'analisi, dallo scavo alla critica, dall'ironia all'argomentazione, dalla conoscenza storica all'oggettività intellettuale. Ma non vi aspettate un libro di sola analisi, di intelligenza dialettica applicata all'attualità, di penetrante approfondimento. Che parli della teoresi di Ratzinger, del pontificato di Francesco o della crisi del Pd, dell'avvento dei Cinque Stelle e della presidenza di Obama, dei mille problemi della scuola o dello ius soli, di morti sul lavoro o di rinascente fascismo, di Berlusconi o di Trump, del trionfo della tecnica o della crisi della razionalità, o di argomenti apparentemente più leggeri (come la farfallina di Belen, lo studio del latino, la schiavitù dei Giga, Pino Daniele, Totti) Cappello innerva il rigore della ragione con la sua passione per la polis, che gli viene non solo dagli studi classici e filosofici (ha studiato filosofia e la insegna nei licei) ma anche dalle interminabili discussioni col padre che lo ha avviato alla cultura dell'agorà e della cittadinanza.

La forma dialogica, interlocutoria, aperta, interrogante della lettera ė la naturale cornice di queste pagine dedicate alla presenza, all'impegno, all'assunzione di responsabilità da parte di chi non occupa le luci della ribalta ma "non per questo rinuncia alla volontà e alla consapevolezza di potere e dovere occupare un posto". Contro la deriva scettica, l'indifferenza e la rassegnazione. Un capitolo trasversale, una sorta di sottotesto che per la mia professione di insegnante di filosofia non posso non segnalare,  è quello delle lettere che vertono direttamente sulla filosofia, sul suo insegnamento, sulla sua importanza nella formazione di una cittadinanza critica e consapevole e di quelle, molto più numerose, che richiamano o citano filosofi non in funzione accessoria o erudita ma per illustrare una tesi e argomentarla, per chiosare un discorso, per introdurre un'analogia, per sviluppare un confronto  per contestualizzare un'idea, un riferimento.

Da Socrate e Platone a Aristotele, da Kant a Hegel, tutto il patrimonio ideale, il lessico e le categorie del sapere filosofico sono mobilitate dall'autore magistralmente per "ricostruire un baricentro intorno a cui strutturare la vita politica della res pubblica".

Stefano Cazzato

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