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Antonella Vitale, Segni Invisibili, Filibusta Records 2020 

Più volte siamo stati tentati d’usare il termine “Jazz cantautoriale” per quel fenomeno tipicamente italiano d’unire le Blue Notes a testi di sicura consistenza poetica.

Nel caso dell’ultimo album di Antonella Vitale non ce la sentiamo più di far a meno di ricorrere a questo apparente ossimoro poiché l’alito vitale, l’intenzione se non principale almeno primaria di Segni Invisibili non può non esser rintracciata nel clima intimo di un canto per così dire introflesso, meditativo, riflessivo su ogni verso pronunciato, interpretato, vissuto dall’interno, assorbito da una sensibilità particolarmente incline all’entropion di un tessuto esperienziale ove il segno autobiografico viene coniugato in un Jazz contemporaneo del tutto coerente a testi che dicono di maschere che frenano la libertà, di memorie limpide rivissute attraverso suoni d’acqua, di mondi diversi in cui risvegliarsi, di coerenze ed incoerenze, di frasi tra le nuvole, di piccole cose che recano invisibili segni d’appartenenza*. Una voce, quella della Vitale, che colpisce per timbrica morbida, colori naturali luminosi, medio-acuti davvero di ottima sensibilità, controllati da una “postura tecnica” e da una dizione estremamente precisa.   

Un attimo di sobbalzo tra le linee frastagliate di Amara, contemporaneismo tra sfumate cromie pianistiche, sibili intimi e forti del sax soprano di Danielle Di Majo, lievi battute di ritmica, là dove per scolpire le pietre miliari dell’assenza giunge magnifica, con sottofondo quasi di lallazione di voce di bimbo (memoria?) la citazione dello struggente Adagietto della Quinta di Mahler in una delle sue più belle edizioni, quella storica di Willem Mengelberg con la Concertgebouw Orchestra di Amsterdam (se ben ricordo del 1926): e questa è cultura, è sensibilità, è riconoscere quei Segni Invisibili (ma visibili) di un percorso di sofferta bellezza di cui diamo atto alla Vitale nomen omen, che di Esistenza conosce bene, benissimo. La Vitale che di Esistenza e d’Amore fa proprio il senso di una delle canzoni “maggiori” di Lucio Dalla, Tu non mi basti mai, amore clandestino che non significa possedere ma, al contrario, non stancarsi mai della presenza di chi si.

Avendo iniziato questo viaggio, come si dice oggi crossover, con l’elegante velatura di Eschilo e con le inflessioni oniriche di In superficie consideriamo Segni Invisibili un album cui la giusta chiusura è affidata alla pièce dei Tiromancino, Per me è importante, scrittura raffinata e originale, capace di veicolare più di ogni altro in Italia il verbo battistiano nell’era dei Radiohead attraverso la voce non tanta ma sicuramente molto espressiva di Federico Zampaglione (e chapeau, Antonella, per l’interpretazione e l’arrangiamento!).

E ci siamo con tutto. l’Idea è chiara. Ora è giusto ascoltare.

Fabrizio Ciccarelli   

Antonella Vitale, voice, music & lyrics except 1 (lyrics Pierluigi Quarta) 3 (Lucio Dalla) 8 (Tiromancino)

Danielle Di Majo, flute, soprano sax and alto sax

Gianluca Massetti, piano and keyboards, arrangement

Andrea Colella, double bass

Francesco De Rubeis, drums and percussions

 

  1. Eschilo 02. In Superficie 03. Tu non mi basti mai 04. Amara 05. Incoerenza 06. Tra le nuvole 07. Segni Invisibili 08. Per me è importante

* cit. testi delle canzoni

Ascoltare l'album:

https://www.youtube.com/watch?v=Qy0vUxT_QCM&list=OLAK5uy_mFahF2o9JFtxz1FFCrB9GRON6vu3JFhds&index=1

 

 

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