Eco, i Filosofi e la Musica, Stefano Cazzato

 

I filosofi e la musica: Umberto Eco

Opera aperta 

Ci vuole ben altro spazio, rispetto alle poche righe che seguiranno, per ricordare Umberto Eco a poche ore dalla morte: il filosofo, il semiologo, il narratore, l’editor, l’intellettuale capace di tenere insieme, in una sintesi bella e felice, l’erudizione e la modernità, Aristotele e Mike Bongiorno, l’alto e il basso, il colto e il popolare, il tecnicismo spinto al limite del virtuoso e l’estro divulgativo di chi vuole portare il sapere a tutti e sa benissimo come farlo, anche utilizzando il registro giocoso e fabulatorio.

 

E quante cose dimenticheremo, se volessimo essere sistematici e onnicomprensivi in questo omaggio. Ricorderemo dunque, come prevede questo spazio, lo studioso di musica, oggetto cui Eco dedicò molte pagine dei suoi libri nel quadro di un interesse più ampio per i codici, i linguaggi, i sistemi di segni, le forme della retorica e della comunicazione.

Con la musica, assunta come sineddoche poetico-programmatica di una tesi più generale,  inizia una delle sue pubblicazioni più note (Opera aperta) dove si legge: “Tra le recenti produzioni di musica strumentale possiamo notare alcune composizioni contrassegnate da una caratteristica comune: la particolare autonomia  esecutiva concessa all’interprete, il quale non è soltanto libero di intendere secondo la propria sensibilità le indicazioni del compositore (come avviene nella musica tradizionale) ma deve addirittura intervenire sulla forma della composizione, spesso determinando la durata delle note e la successione dei suoni in un atto di improvvisazione creativa. Citiamo alcuni esempi tra i più noti: 1) Nel Klavierstuck XI di Karlheinz Stockhausen l’autore propone all’esecutore, su un grande foglio, una serie di gruppi tra i quali l’autore sceglierà … 2) Nella Sequenza per flauto solo di Luciano Berio, l’interprete ha di fronte una parte che gli propone un tessuto musicale dove la successione dei suoni e l’intensità sono date, mentre la durata di ciascuna nota dipende dal valore che l’esecutore vorrà conferirle  … 3) A proposito della sua composizione Scambi, Henri Pousseur così si esprime: “Scambi non costituiscono tanto un pezzo quanto un campo di possibilità … 4) Nella Terza Sonata per pianoforte Pierre Boulez prevede una seconda parte di quattro sezioni … una di esse, ad esempio Parenthèse, inizia con un’ampia battuta dal tempo specificato e prosegue con ampie parentesi in cui il tempo è libero …”(Opera aperta. Forma e indeterminazione nelle poetiche contemporanee, Bompiani, 1962, pp.31,2).

É qui una delle lezioni di Eco: aver tematizzato il ruolo dell’interprete, dell’esecutore, del lettore o del semplice fruitore come supplemento ontologico ed ermeneutico, per liberare l’opera dai vincoli della storia, del contesto e della soggettività autoriale, per tenerla sempre viva, per renderla corale, pubblica e condivisa, anche per dissacrarla, ma soprattutto per allargarne e incrementarne il bagaglio informativo e semantico; una rivoluzione più che una lezione, che partiva dalla radici per disseminarsi nelle direzioni più imprevedibili e stimolanti. Per questo ci resta, e ci resterà sempre, l’Eco ma non un Ecosistema.

 

Stefano Cazzato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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