Kant, i filosofi e la musica, di Stefano Cazzato

I filosofi e la musica: Immanuel Kant

C’è troppo profumo in quella musica!

Sulla musica Kant ha espresso un giudizio ambivalente, ma sostanzialmente negativo. Dice infatti che “forse è la prima arte, quando le arti si valutino dal punto di vista del piacere” ma “se invece si stima il valore delle belle arti secondo la cultura che portano all’animo … la musica avrà l’ultimo posto, perché essa non fa che giocare con le sensazioni” (Critica del giudizio, Laterza, 1982, p.191).

 

Si può convenire: non è certo la musica un’arte che grondi concetti e, se mai diventasse concettosa, intellettuale ed astratta, dubito che avrebbe quell’attrazione che invece ha e che lo stesso Kant ammette quando aggiunge che la musica “commuove lo spirito più variamente e più intimamente” di qualunque altra arte.

Non si può convenire però con un altro commento di Kant che, sempre nella Critica del giudizio, rimprovera alla musica “una mancanza di urbanità, specialmente per la proprietà, che hanno i suoi strumenti, di estendere la loro azione al di là di quel che si desidera (sul vicinato), per cui essa in certo modo s’insinua e va a turbare la libertà di quelli che non fanno parte del trattenimento musicale; il che non fanno le arti che parlano alla vista, perché basta rivolgere gli occhi altrove, quando non si vuol dare adito alla loro impressione. E’ presso a poco come del piacere che dà un odore che si spande lontano. Colui che tira fuori dalla tasca il suo fazzoletto profumato, tratta quelli che gli sono intorno contro la loro volontà, e se, vogliono respirare, li obbliga nello stesso tempo a godere”. 

Insomma: sembra di capire che la musica procuri godimento anche a chi non lo ha cercato espressamente.  Diamine: la musica ci diverte contro la nostra volontà! Resta da decidere se conti più la libertà o il godimento, anche se Kant non pare avesse dubbi su questo dilemma. 

Stefano Cazzato

 

 

 

 

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