Raymond Carver:parlare poco...per dire molto

Raymond Carver

Parlare poco… per dire molto

L’alcool scorre a fiumi.

Analgesico di vite amare. Inconcluse.

 

Disincanto e bevute interminabili che distruggono tutto quello che circonda le esistenze.

Eppure non accade mai nulla.

Raymond Carver (Oregon 1938-1988), basta citare What we talk about when we talk about love, ossia Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, America oggi, Da dove ti sto chiamando, Cattedrale, e tanti altri.

Non accade mai nulla. Perché? Perché forse tutto già è accaduto o perché deve ancora accadere? Perché l’origine di tutto quello che deve accadere è forse nascosto nel silenzio tombale della realtà.

Ernest Hemingway docet.

Tutti momenti della vita quelli di cui narra Carver, decisivi o meno, forse decisivi no o, forse, sì.

t’ho detto di versarmi da bere…

«Strana cosa il bere. Se ci ripenso, tutte le nostre decisioni più importanti sono state prese mentre bevevamo. Anche quando discutevamo del fatto che dovevamo bere di meno, ce ne stavamo seduti al tavolo di cucina oppure a un tavolo da picnic con davanti le sei lattine di birra o una bottiglia di whiskey».

Cosa è la vita? Una carrellata di momenti senza senso, di giorni trascurabili. Poi all’improvviso accade qualcosa. Ma a uno come Carver questo sembra non interessare. Perché si può – o si dovrebbe – fare letteratura o poesia traendo spunto dalla quotidianità, da quelle piccole cose di ogni giorno apparentemente insignificanti.

Anche quando nella vita accade poco o nulla. Una ricerca di senso o di non-senso nella monotonia e nella ripetitività del quotidiano, cose trascurabili – come il pacchetto di fiammiferi di Paterson (il poeta William Carlos Williams) – di cose ne accadono, ma trascurabilissime, almeno, apparentemente tali. Cose che dicono poco per dire molto. Che dicono nulla per dire tutto.

Trovare interessante la vita anche quando nella vita non accade niente.

«Se si limitasse a bere whiskey annacquato senza ghiaccio, non avrebbe neanche questi vuoti di memoria. La colpa è tutta del ghiaccio che mettono nel whiskey».

A tutti capita di non trovare la parola quando servirebbe.  Tutto resta immobile, senza disordine apparente, niente rimbomba perché niente è accaduto, o tutto è già accaduto.

Si parla poco…per dire molto. Non è mero realismo quello di Carver, non è minimalismo –definizione questa che l’autore stesso non ha mai apprezzato – è invece trasposizione della vita, la vita e l’esistenza così come ognuno di noi la conosce. Con la sua drammaticità, insensatezza, insignificanza e noia.

Non sono importanti i fatti. I fatti scuotono una vita, gli equilibri sono fragili e gli eventi, quelli all’apparenza secondari, sono quelli che permettono di andare avanti. E non c’è nessuna conclusione.

«Mi siedo sui gradini di una veranda e mi accendo una sigaretta. Osservo i gesti della mano e poi spengo il fiammifero soffiandoci su. È venuto il tremito anche a me. Da stamattina. Stamattina mi è venuta voglia di bere qualcosa. È una cosa deprimente. Ma a J. P. non ho detto niente. Cerco di tenere la mente occupata con qualcos’altro».

Un racconto non ha bisogno di arrivare al momento in cui si parla d’amore per parlare d’amore (What we talk about when we talk about love), le idee sono confuse, ci si gira intorno. Non si sa nemmeno di cosa si stia parlando. E non succede niente.

E non si conclude niente.

Due coppie intorno a un tavolo di una cucina a bere gin. È amore quello in nome del quale il compagno di una delle due donne sedute la picchiava mentre dichiarava di amarla? Ed è in nome di quell’amore che quell’uomo si sarebbe ammazzato?

Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, di ciò che si vede, di ciò che non si vede. Una domanda che spesso trova il silenzio come risposta. Il niente. Perché non succede mai niente.

«Ci pensò un po’su mentre sorseggiava il whiskey».

e quindi?

Vite amare. Inconcluse. E l’alcool che intanto scorre. A fiumi. «Stamattina mi è venuta voglia di bere qualcosa. È una cosa deprimente».

La vita così com’è. È una cosa deprimente.

L’alcool scorre a fiumi. È una cosa deprimente.

Baratri di solitudine colmati da alcool, sfuggono agli occhi di ogni telecamera in un’America disincantata che costruisce cattedrali su cocci esistenziali, su rovine provocate da pericolose dipendenze, che siano alcoliche o che siano psicologiche, piccole storie in cui si annidano silenzi, comunque devastanti, che rimangano tali o che esplodano, comunque pericolosi.

«Tenevo gli occhi chiusi. Ero a casa mia. Lo sapevo. Ma avevo la sensazione di non stare dentro a niente». Il niente, le partenze, le fughe, l’alcolismo, la noia, la libertà. La vita mostrata come in un film. Senza colpi di scena, cronache minimali della vita quotidiana, il disagio, l’immobilità, il disagio dell’immobilità, del nulla che mai accade.

E quindi?

Parlare poco…per dire molto.

«La colpa è tutta del ghiaccio che mettono nel whiskey».  Raccontare questa America qui, e raccontare questa America per raccontare un universo intero, le piccole vite di un mondo intero, le disperazioni della gente che lo abita, l’alcool che lo distrugge piano piano e subdolamente.

«Sono arrivata al fondo – mi fa – non ce la faccio più. Si appoggia il dorso della mano alla guancia e chiude gli occhi. Gira la testa di qua e di là e si mette a mugolare. A vederla così mi sento morire».

Immediatezza, scene che si rincorrono fino al compimento. Ma senza mai una conclusione.

I conti che non tornano. E non c’è nulla da sapere e non c’è niente da capire.

È un velo che sta per cadere, ma non cade mai. Perché niente succede. E non c’è niente da nascondere e non c’è niente da svelare.

« Holly! - Holly un corno – fa lei. Si siede sul divano e tira su le ginocchia per appoggiarci il mento. -Ti ho detto di versarmi da bere, figlio di puttana, – mi fa.  – […] Stringe le labbra e mi lancia un’occhiataccia.  […] Avevamo la buffa sensazione che ormai poteva succedere di tutto, visto che avevamo capito di non avere più niente».

Ilenia Beatrice Protopapa

Pubblicato su “Rocca”, rubrica “Nuova antologia”. http://www.rocca.cittadella.org/rocca/autori/00000122_Protopapa.html

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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