tom waits,cause tonight...di ilenia b.protopapa

TOM WAITS

Cause tonight’ll be like nothin’ you’ve ever seen…

«Well you gassed her up/Behind the wheel/With your arm around your sweet one/In your Oldsmobile/Barrelin’ down the boulevard/You’re looking for the heart of Saturday night…»

Era il 1974. Era il secondo album di Tom Waits, The Heart Of Saturday Night.

 

Una solitaria passeggiata notturna, un sabato notte. Nostalgia, malinconia, armonie jazz, blues, country; caratteristico il timbro vocale di Waits, voce profonda, cupa ma dolce, alla ricerca di qualcosa (looking for…) che forse nessuno troverà mai. Qualcosa che non esiste. E scoprire, forse, che si è poi sul lato sbagliato della strada – the wrong side of the road – o proprio sulla strada sbagliata, «And now you’re stumblin’/You’re stumblin’/onto the heart of Saturday night» e «stai inciampando nel cuore del sabato sera».

 

La vita ha il suo lato sbagliato. È la vita.

Il lato sbagliato della strada – The Wrong Side Of The Road (il titolo di una delle tracce del suo album del 1978 Blue Valentine) –   è il lato sbagliato della vita. E Waits esce fuori di notte – come ha sempre fatto – lui il lupo di Pomona (in California, dove è nato nel 1949), vaga (o meglio, vagola…) per le strade di Los Angeles tutta la notte assimilando poesie disperate e storie di clochard, puttane,  ubriaconi. Suona maldestramente una sera, sotto effetto di una sbronza – una delle sue solite colossali! – il pianoforte di un locale dove era stato assunto come lavapiatti, canta con la sua voce roca canzoni degli anni Quaranta e Cinquanta, canzoni che il padre, amante del jazz, gli aveva fatto conoscere fin da bambino. È  il 1973 l’anno del suo primo album Closing Time, dove con I Hope That I  Don’t Fall In Love With You, Waits ci regala tutta la sua disperata poesia, desolazione, il suo lato sempre più sbagliato, della strada.

«Now it's closing time, the music's fading out/Last call for drinks, I'll have another stout/Well I turn around to look at you/You're nowhere to be found/I search the place for your lost face/Guess I'll have another round/And I think that I just fell in love with you…».

La strada ha il suo lato sbagliato, la vita ha il suo lato sbagliato. È la vita. E tu cerchi qualcosa che non trovi, che forse non troverai mai, ma «All the other days/In the week you know that this’ll be the Saturday/You’re reachin’ your peak»… Malinconia, nessun rimorso, la gente cammina per le strade, fumo di tabacco in un’atmosfera quasi surreale ed allucinata.

La voce roca di Waits, struggente, quasi stonata, lisa da alcol ed eccessi, la pronuncia strascicata, colpisce e fa quasi sobbalzare in Invitation To The Blues (1976).

«But you can't take your eyes off her, get another cup of java/It's just the way she pours it for you, joking with the customers/Mercy mercy, Mr. Percy, there ain't nothing back in Jersey/But a broken-down jalopy of a man I left behind/And the dream that I was chasing, and a battle with booze/And an open invitation to the blues».

Dove in modo impetuoso si sussegue una serie di immagini, che a fatica riusciamo a fotografare nella  mente, Waits racconta, con ballate struggenti e sempre in bilico tra momenti difficili e slanci di passione, racconta con le sue caratteristiche tonalità vocali, l’America di chi sta dalla parte sbagliata della strada. Dalla parte sbagliata della vita. Un universo – piccolo o grande che sia – di desolazione quotidiana, di emarginazione, di disperazione, alla ricerca di quello che non si trova, perché forse neanche esiste. (Looking for) the heart of Saturday night, appunto.

In Swordfishtrombones (1983) Waits ha sperimentato una musica totale che prende le basi dai cantautori americani e giunge al jazz, al gospel, al country fino al folklore afro ed europeo. Un album che fa delle disarmonie e delle asimmetrie ritmiche una miniera.

Chi si salva? Chi è dannato? Un inferno dai tratti paradisiaci. Dave The Butcher, Frank’s Wild Years, Gin Soaked Boy, tutti perdenti – ma forse solo all’apparenza? – senza possibilità di redenzione e allora, Down Down Down.

Johnsburg, Illinois malinconica e romantica, «There's a place on my arm where I've written her name/ Next to mine/ You see I just can't live without her/ I'm her only boy and she grew up outside McHenry/ in Johnsburg, Illinois».

La strada ha il suo lato sbagliato, la vita ha il suo lato sbagliato.

È la vita.

Nel 1985 That Feel è il pezzo, aridamente gospel, con Keith Richards, dall’album Bone Machine, due timbri di voce graffianti e maledettamente disperati, agrodolci, tipici di chi ha scelto – o forse non lo ha nemmeno scelto – di stare dalla parte sbagliata della strada.

Dalla parte sbagliata della vita. The wrong side of the road, the wrong side of the life.

«And there’s one thing you can’t lose/and it’s that feel/It’s that feel».

Siamo randagi, anime vagolanti senza meta (raindogs), disadattate, comunque fuori contesto, possiamo – sappiamo – pirandellianamente fingere, ma dai nostri frutti siamo, prima o poi, riconoscibilissimi.

Sulla parte sbagliata della strada, sul lato sbagliato della vita, di questa vita che è errore e al tempo stesso, proprio per questo motivo, è anche attrazione. E la voce di Waits è stata – è – in grado di raccontarla, una voce che con le sue tonalità dolci amare, con i suoi cambiamenti nel corso del tempo, non è stato forse che lo specchio di tutto questo. Ed è proprio questa voce nell’album Bone Machine, la protagonista, un album registrato in uno studio dove «non c’era nulla di nulla, a parte il cemento sotto i piedi e un termosifone alla parete», per sottolineare l’eco e il rimbombo della voce da un angolo all’altro. Non a caso Waits, a proposito di voci, proprio in questo album si è avvalso della presenza e dell’amico e ospite d’eccezione, Keith Richards.

La strada ha il suo lato sbagliato, la vita ha il suo lato sbagliato. Tu sei su quel lato.

È la vita.

«Is it the barmaid that’s smilin’ from the corner of her eye?/Magic of the melancholy tear in your eye».

Stai inciampando nel cuore del sabato sera.

Alla ricerca di qualcosa (looking for…) che forse nessuno troverà mai. Perché neanche esiste.

È forse la cameriera che ti sorride con uno sguardo di sfuggita?

È la vita.

O forse la magia di quella lacrima malinconica nei tuoi occhi?

Ilenia Beatrice Protopapa

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