Renata tebaldi: l'altro volto del belcanto (d.m.morace)

“L’ABBORRITA RIVAL…”: Renata Tebaldi e l’altro volto del Belcanto 

A Pesaro, 100 anni fa, primi di Febbraio. Nasce una bambina, di una famiglia borghese, destinata a un futuro grande.

Stiamo parlando di Renata Tebaldi, appunto la “abborrita rival”, per usare le parole di Amneris nel quarto atto di “Aida”, ovviamente rivolta alla rivale etiope. E, aggiungo, ciò che tanta stampa, distorta, alimentando il trito luogo comune, per oltre venti anni diede nutrimento al dualismo Callas/Tebaldi.

Erano gli anni in cui l’Italia, almeno la massa della popolazione,  si divideva tra Bartali e Coppi, come per le squadre di calcio: o, per tornare alla lirica,tra Del Monaco e Di Stefano. Queste forme, traslate, di tifo da stadio,  mi sono sempre risultate estranee e irritanti, da quando ero studente negli anni 70.

Con il passare degli anni, delle decadi, la Storia si è incaricata di mettere a fuoco, in maniera più onesta e pulita, tante storture che già allora cercavo di contrastare e combattere.

La Tebaldi, da un certo punto di vista parte avvantaggiata: nel 1946, al Concerto per la ricostruita Scala dopo i bombardamenti, diretto da Toscanini di rientro dagli Stati Uniti, già udiamo i primi suoni di una giovane soprano 24enne. E vola la definizione toscaniniana di “Voce D’Angelo” per la giovane cantante.

Sicchè, nel breve volgere di 3-4 Anni il nome si consolida rapidamente, arrivano i primi nastri Decca (un matrimonio discografico durato quasi 30 anni!). E la Carriera, come si dice, parte “in tromba”.

Le primissime apparizioni della Callas a Milano datano 1950, qualche recita di “Aida”. Poi qualche altra cosa (piuttosto poco) fino a fine 1952 con il debutto in “ Macbeth” insieme a De Sabata.

Sta di fatto che a quel punto, a partire dal Sovrintendente Ghiringhelli e una larga fetta di pubblico, il “partito” tebaldiano è oggettivamente maggioritario. E gli estimatori della “Gran vociaccia” come Tullio Serafin definisce la Callas, sono di fatto minoritari.

Da qui comincia il “Calvario” callasiano. A ogni recita, immancabilmente un misto di applausi e fischi, “buate”come si dice in gergo, in tante e tante serate: fastidiose, quando non esasperanti.

Sospetto: questo schieramento pervicacemente anti-Callas, era organizzato e voluto dalla rivale?

Alla luce degli scritti più recenti e affidabili, no. Che ci fosse un vantaggio, di riflesso, è innegabile: ma escluderei almeno per 80/90% una parte attiva, a parte alcune “frizioni”, non particolarmente numerose.

E’ un fatto che dal 1955 Milano vede la situazione capovolgersi. Il contratto con la Callas è vincente. E fino al ‘59 la partecipazione della Tebaldi è ridotta, Rimanendo la grande Renata regina incontrastata al San Carlo a Napoli, con Stagioni splendide, a una incollatura da quelle scaligere...allora. 

Ma, siccome il Destino è sempre cinico e baro, proprio nel momento del trionfo e del massimo successo personale, per quella mania che prende tante volte anche i migliori, molto scontenta del suo fisico poco attraente, inseguendo il modello allora molto di moda, della “bellezza-grissino” di Audrey Hepburn, la soprano grecoamericana, naturalizzata italiana, si sottopone a una feroce cura dimagrante, che le fa perdere quasi 35 chili in meno di 2 anni.

Si guardino le foto ancora della Medea con Bernstein del Dicembre 1953, e quelle della “Sonnambula”, sempre con Bernstein, del 1955: un’ altra persona, in tutto e per tutto e, ahinoi, un’ altra voce.

Il diaframma si è rimpicciolito e accusa colpi: e i vociomani meno pietosi sentono suoni “sporchi”, sempre più frequenti, incuranti di ammirare la potenza e lo scavo dell’ interprete eccelsa.

Il “Trono” di Milano parafrasando Foscolo, potremmo dire, gronda di molti fischi, e la fronda polemica non risparmia una singola serata che sia una. Ultima nota: già dal 56 la grande Maria prende coscienza di uno strumento che si sta guastando(vedere lettere): ma è nell’occhio del Ciclone...chi si ferma è perduto. 

Torniamo alla rivale. Su un recentissimo articolo di Giovanni Vitali su “Musica”, analizzando il repertorio cameristico del soprano, si parla di splendide incisioni di arie da camera di metà anni ‘50, e di nastri tra il ‘69 e il ‘72, dove lo strumento suona indurito e con meno colori.

Mi permetto di puntualizzare la situazione. Il mio “maestro” Rodolfo Celletti sosteneva che proprio dalla metà degli anni ‘50 la Tebaldi incrementa, molto, le sue recite e incisioni con Mario del Monaco, timbro allora formidabile, ma scuola di canto quantomeno discutibile.

Certamente in una misura molto inferiore alla rivale “scaligera”, anche la voce della cantante pesarese accusa il passare degli anni: già le prime incisioni stereofoniche pure sotto marchio  Decca, vedi la Butterfly del 1958 con Bergonzi, mostrano un certo indurimento in alto, astutamente gestito, ma già presente. Sulla bellezza del colore resta poco da dire. Ma stiamo sempre parlando di una “Voce D’Angelo” che esce da una gola umana! 

La superlativa qualità di quei nastri  sembra davvero esaltarsi nella Lirica e, in larga misura, molte fragilità sono “sistemate”: viceversa non si può dire altrettanto dei nastri EMI, di timbrica soda ma un po' legnosa che, sopra a tutto in studio tolgono armonici alla Callas, a dispetto anche delle più recenti ripuliture e restauri. 

Propongo 3 cd, dal vivo, da cercare, che ci presentano davvero la grande Renata al massimo livello di coinvolgimento, smentendo clamorosamente il fatto che sulla scena, al di là dello strumento incantevole, ci fosse poco altro.

1951: Scala Milano: Requiem di Verdi con De Sabata(Cinquantenario dalla morte del compositore)

1953: Maggio Musicale Fiorentino: “Forza del destino” con Mitropoulos “Leonora”.

1955: Metropolitan New York: “Tosca” con Mitropoulos.

3 singole prestazioni ed interpretazioni esaltanti, vibranti e indimenticabili.(All’Interno sempre di serate, in senso generale,  tra l’Eccellente e l’Eccelso). 

Quando, alla “Voce di Angelo” si aggiunge il fuoco teatrale di due maestri assoluti della direzione, anche conoscitori di canto, siamo a un passo dal “Nirvana”. Quantomeno alla “Eternità”...a misura di uomo.

 Domenico Maria Morace

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