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PAVAROTTI. L’ARTISTA...IL PERSONAGGIO.

L’acquisto occasionale del libro di Gina Guandalini,  “Pavarotti. Il trionfo della voce”, Curcio Musica, uscito a ruota dalla dipartita del tenore 15 anni or sono, mi porta a riflettere, e a condividere con chi vorrà, di un cantante che, divenuto in una certa epoca enorme fenomeno mediatico, vive adesso un “Autunno della Memoria” già certificato diversi anni addietro. Ora, verso la fine della Grande epidemia, quasi  ridotto al silenzio.

Classe 1935, coetaneo di Mirella Freni, debutta, con poca convinzione, a Modena in “Bohème”: Rodolfo, forse il ruolo della vita. Tra il 1962 e il 1966 si fa rapidamente conoscere a Mosca, a Londra, a Roma, a Vienna. Verrebbe da dire che in partenza ci sta, in un certo senso, un passo falso: niente “Gavetta”. Si parte in tromba sulla fama, che vola della luminosa bellezza della voce, quasi una “tromba d’argento”. E si comincia ai vertici, comunque molto in alto. 

Sono disponibili su Internet dei video in bianco e nero di questi primissimi anni. Il “patrimonio vocale” è davvero strepitoso, unito a una emissione molto facile e fluida: forse c’è una certa carenza di calore e un coinvolgimento interpretativo piuttosto generico...ma certamente, in termini di bellezza di suoni, si rimane avvinti.

Nella mia esperienza pluriennale di venditore di Lp  tra il 1975 e il 1983, ovviamente associo  il nome Pavarotti alla Decca inglese, che lo ha avuto in esclusiva pressoché totale per almeno 30 anni.

Il primo Recital sotto il brand britannico viene registrato nel 1966, pure se ci sono brani isolati che non si capisce bene se siano del ‘63 o’64. 

Diciamo che la “Parabola” di “Big Luciano”, a livello internazionale, decolla appunto dal ‘67, quando un avveduto Karajan, allora ancora grande talent scout, lo vuole per le riprese a colori del “Requiem” di Verdi: lui, poco più che trentenne, accanto a stelle consacrate come Leontyne Price, Fiorenza Cossotto e Nicolaj Ghiaurov. Chi vede questo video, peraltro, al di là della mole, già allora impressive, farebbe fatica a ritrovare il volto, tanto è diverso.

E’ mia convinzione che il decennio d’oro del tenore siano, in sostanza, gli anni 70: passando sopra a   occasionali incertezze e qualche calo di tensione, abbiamo personaggi come Edgardo, Nemorino (Donizetti), Arturo, Elvino (Bellini), Alfredo, il Duca di Mantova, Renato, Requiem, Verdi: poi, ovviamente Pinkerton, Rodolfo (Puccini), Canio (Leoncavallo), Turiddu (Mascagni), che sono tra le cose più belle prodotte da voce tenorile, veramente in competizione, anche vincente a volte, con i leggendari Del Monaco, Di Stefano, Corelli e sopra a tutti Bergonzi (e qui la lotta è davvero durissima, nei ruoli verdiani soprattutto, ma non solo). 

Qualcuno potrebbe ricordarsi del Concerto di Capodanno a Vienna, 1° Gennaio 1979, con l’affabilissimo Willi Boskovsky a una delle sue ultime esibizioni. A fine anno la Decca fa uscire un Doppio LP con tutto il Concerto….Primo disco (Europeo) in “Digital Recording”! Comincia L’Era Digitale con il duello tra il marchio britannico e la tedesca “Deutsche Grammophone”(in seconda linea il marchio Philips olandese, diciamo un “protettorato” Decca con altro brand e repertorio). 

Ricordo benissimo quelle prime registrazioni e, a distanza di pochissimo tempo, meno di 2 anni, i primi Cd. La riproduzione vocale dei tecnici del Tamigi, anche in epoca Mono “FFRR”(Full Frequency Range Recording), come Stereo “FFSS”(Full Frequency Stereophonic Sound, stabilmente dal 1957), era impeccabile. Certo la trasparenza cristallina della “Fascia Gialla” di Berlino, si faceva valere, eccome. Ma sul fronte della vocalità, obbiettivamente, non c’era storia. 

Torniamo a Pavarotti: All’Alba degli anni 80 escono “Traviata”, ”Sonnambula”, ”Ballo in Maschera”, “Gioconda”, “Norma”, “Mefistofele”, e vari recital (1980/1983). Indipendentemente dal fascino timbrico, ancora fortissimo, i personaggi sono “scavati” a intermittenza. In certi momenti diresti eccezionale, perfetto; in altri qualcosa non quadra, l’artista non “è in palla”. Forse colpa del direttore che ispira poco, forse degli altri cantanti, resta un andamento ondivago.

1980: In America si vuole fare un film con il tenore più noto del momento. 25 anni prima, in uno smagliante Technicolor Mario Lanza (abbagliante quanto veloce meteora italoamericana). 1955: realizza “Il Grande Caruso”. Un successo immediato (pur se poco prolungato). Perché non riprovarci ora? Pavarotti ci crede e l’anno dopo si gira. Il film “Yes, Giorgio!” esce a Giugno 1982. Solo 2 cifre (si commentano da sole): oltre 15 milioni di Dollari di Costi, poco più di 2 milioni di Dollari di Incassi. Doccia fredda, verrebbe da dire polare. E “big Luciano” che giura non fare mai più  cinema. 

A  poco più di 40 anni la Ditta Pavarotti diviene un “Brand” planetario. Per tutti gli anni 80 l’ attività è ancora intensissima. Come per Di Stefano, da metà anni 50, ora anche il tenore modenese vuole affrontare il tardo Verdi “Don Carlo”, “Aida”, “Otello”. Con il primo ci sono guai alla Scala con Muti; erano i tempi di Tangentopoli: e dopo queste recite si parlava di “Steccopoli” con riferimento ai problemi del tenore. Con Radames le cose andarono un po' meglio, nonostante Maazel e Verdi non ci entrassero un fico. Stessa cosa con Otello, quasi imposto dalla Decca, con Solti. Non fa per lui...al solito...nonostante qualche bel passo. 

Consapevole, in cuor suo, del progressivo indurimento vocale, tenta di restare sempre sull’onda, tra il 1992 e il 2003 con “Pavarotti and Friends”: i nastri, soprattutto i primi, si vendono bene, poi va anche bene l’idea dei 3 Tenori a Caracalla 1990 (io c’ero, anche dietro, con Domingo che faceva il braccio di ferro con quelli della Decca!). Altra idea da esportare: “assaggi” di lirica, medley finali a più voci, con l’illusione di mantenere il popolo dei melomani. All’inizio curiosi e soddisfatti; poi progressivamente sempre più delusi. E a ciò si aggiungono gli scandali sui Fondi, enormi, destinati  alle Organizzazioni No Profit e mai arrivati, o arrivati a pezzetti, appunto dal Brand “Pavarotti and Friends”, inquinandolo, avvelenandolo, anche in Sede Legale e Tribunale. 

Non tocco il tasto degli amici di Pavarotti: sono generi musicali che non “sento”, non sono per me. C’erano alcuni grandi nomi, come “meteore”; e, anno dopo anno, la voce e la presenza sempre più ridimensionate. Si dice che davvero, più o meno dalla metà anni 90, ci fossero grossi problemi fisici, data la stazza e diversi dolori, sul palcoscenico, oltre quello che ho cercato di sintetizzare. 

A partire dal nuovo millennio la Casa Inglese ha accorpato in grossi cofanetti il Corpus delle sue registrazioni ufficiali, ovviamente meravigliosamente  restaurate, vorrei quasi dire rigenerate. Si potevano trovar, fino a 5/6 anni fa a 2.50/3.00 Euro a Cd; ovviamente dovevi preventivare almeno 100 Euro. Ci sono, ripeto, cose stupende, soprattutto nei ruoli che ho riportato, cose interessanti e comunque da sentire, e cose che non girano, realizzate più per “obbligo di firma” ed esigenze di Catalogo che per intima convinzione. 

D’altro canto, come dice il “Pava” nazionale, nel libro della mia amica Gina: ”Quasi tutti i dischi mi tolgono qualcosa; deve essere il pubblico a stabilirlo, comparando il disco con la voce dal vivo”.

Odio/Amore per il mezzo: che sia LP, che sia CD, che sia VHS, DVD, Blu Ray. Una cosa simile la diceva Von Karajan a Venezia nel 1973 in un’intervista. E credo che tocchi una montagna di artisti….ma entreremmo in una Odissea davvero senza fine. 

Un Italiano nel Mondo, per il Mondo: a suo modo, comunque, indimenticabile.

Domenico Maria Morace 

 

 

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