Jimbology, Jimbo Tribe

Jimbology

Jimbo Tribe

AlfaMusic 2016

Quando si dice che un album rappresenti in toto la personalità ed i gusti musicali degli autori si pensa spesso ad un disco d’omaggio ai Maestri oppure ad una performance nella quale ogni brano originale sia la perfetta rappresentazione di un autoritratto che solo in parte tenga conto di quanto accada intorno.

 

Il Trio Jimbology presenta il proprio cd d’esordio con un coinvolgimento emotivo che pare disinteressarsi della Logica dell’opportunità per privilegiare, invece, un’ autodescrizione nella quale dominino le passioni, le forze del sentimento, la coscienza dell’evoluzione del Jazz che “sente”.

Ciò induce a sperimentare Forme prima ancora di scoprirle, secondo un non procedimento che molto spesso nelle Blue Notes ha prodotto Suoni intensi ed  innovativi . Del resto, sempre qualcosa di nuovo ci si aspetta dalla Musica; sempre attendiamo la composizione o il Solo che tolga polvere dalla tradizione e che possa sorprenderci in ambito armonico o cromatico.

Bene, qualcosa d’importante avviene in “Jimbo Tribe”, a partire dalla lettura di “Beatrice” del vulcanico Sam Rivers e da quella di “Kind Folk” del poetico Kenny Wheeler: due brani che hanno in comune l’intensità del Blues reinterpretato nelle “ombre danzanti” del post-Cool, e che è un piacere riscoprire nel respiro elegiaco che i Nostri esprimono con sicura personalità artistica e, soprattutto, con un parametro espressivo “nordico” davvero originale, scandito dal fraseggio nitido di Lewis Saccocci al piano e  al Fender Rhodes, levigato nella misura estetica dalla compostezza e dall’estro del drumming di Nicolò Di Caro e di Dario Piccioni al contrabbasso.

Il legame con Rivers e Wheeler è profondo, e vive nelle composizioni originali nelle quali il timbro strumentale diviene Voce del ritmo interiore del Trio, di un Interplay  coniugato con aggettivi cromatici che pronunciano quella consapevolezza di cui prima si diceva, introducendo Idee ed Energie che da quel Dominio filosofico rendono perfette le individuazioni di Keith Jarrett e Bill Evans  (“Lui, Lei, L’altro”), interpretandone le  variazioni oniriche (“La penna di Brad”) in un Groove mentalmente purificato da ogni scoria mainstream (“Jimbology” e “I baffi del signor F.”). Ma che l’incipit di “Djoesaphat” lasci affiorare alla memoria i primi accordi di “Naima” di John Coltrane sia proprio un caso? Riteniamo  di no: il “caso” in Musica non esiste. Ecco, dunque, un altro riferimento determinante: il meditativo Modale di toni intimi e fraseggi vibranti che (azzardiamo) come nel capolavoro “A Love Supreme” (Impulse 1964) aprono esplorazioni continue e mobilissime, fluttuanti in poliritmie di assoluto impatto sensibile.  

Un’ottima pagina italiana nel panorama del Jazz contemporaneo, un Soggetto in Trio che plasma  Note con Pathos ed eleganza, con la naturalezza di chi ha compreso il senso del Passato ed ha intuito le molteplici possibilità del  Divenire.

Fabrizio Ciccarelli

Lewis Saccocci - piano, Rhodes;  Nicolò Di Caro –batteria; Dario Piccioni – contrabbasso

1 Djoesaphat ( 6'13) 2 Lui, lei, l'altro (7'49) 3 Beatrice (4'54) 4 La penna di Brad ( 5'40) 5 Jimbology (7'40) 6 Kind Folk (4'38) 6 Kind Folk (4'38) 7 I baffi del signor F. (6'25) 8 Il chiodo fisso (8'03) 

Composizioni di Lewis Saccocci, eccetto 3 (Sam Rivers) e 6 (Kenny Wheeler).

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