the dave brubeck quartet, time out

The Dave Brubeck Quartet ‎

Time Out

Gatefold 2017(Columbia Records 1958)

Tanto acclamato dal pubblico quanto criticato dai soliti benpensanti del jazz, Dave Brubeck fu oggetto di pesanti disapprovazioni all’indomani dell’uscita di Time Out, un album edito nel 1959 dalla Columbia Records: una performance insolita, diversa da certi stereotipi che si andavano diffondendo negli States, alquanto lontana sia dalla straordinaria innovazione “per mano sinistra” di Lenny Tristano quanto dall’audace pionierismo di Max Roach.

 

In realtà il disco appariva anche altrettanto distante dal mainstream, pur gradevolissimo e spesso di eccellente fattura, delle ultime Orchestre della Swing Era e di certi quintetti Bop o Bluesy che si andavano affermando per la piacevolezza dei ritornelli ed il centro dell’attenzione posto  per le buone famiglie felicemente uscite dagli ostacoli morali del secondo conflitto mondiale (Hiroshima e Nagasaki, poi la guerra di Corea).    

Tutto questo basterebbe a segnalarne il singolare cursus honorum  che nella storia delle Blue Notes ha acquisito nelle più varie direzioni di genere, ad esempio primus inter pares per un brano come “Take five”, corollario stilistico di variazioni funky, ska, black, fusion (Al Jarreau, Chet Atkins, George Benson, Acoustic Alchemy,   Grover Washington Jr.,  Monica Zetterlund, New York Ska Jazz Ensemble, Indigo, Eliane Elias, Marc Ribot, The Specials, e fermiamoci qui…), uno standard dalla metrica in 5/4 (da cui poi deriva il nome) che ha dato  meritata fama al solismo batteristico di Joe Morello, al perfetto timing del contrabbasso di Eugene Wright ed alla scrittura di uno dei più grandi alto sax fra anni 50 e 70, quel Paul Desmond  secondo le autorevoli parole di Julian Cannonball Adderley “il contraltista più lirico, la cui musica è di una bellezza assolutamente profonda”. A ricordarne l’eterno valore di standard ricordiamo che alla sua morte Desmond lasciò i diritti delle sue composizioni, tra le quali anche “Take Five”, alla Croce Rossa Americana, che da allora, in termini cumulativi, si dice abbia ricevuto circa 100.000 dollari l'anno…

Brubeck aveva già suonato con Desmond, litigando più volte per quella strana inventiva melodica scandita un’ancia che aveva destabilizzato la memoria classica fra Mozart, Beethoven, Debussy e Ravel  del pianista californiano, in virtù di una tagliente sottigliezza che, a decenni di distanza, avendo ascoltato tutto l’ascoltabile del sassofonista, possiamo accostare alla potenza espositiva di Lee Konitz, guest soloist dell’orchestra di Stan Kenton e, caso non è, a quella dello straordinario Lenny Tristano di cui prima si diceva. Senza esser troppo generosi, possiamo affermare che l’album fu tanto merito dell’inventiva dell’altoista di San Francisco quanto delle insolite segnature di battuta del pianista di Concord, pur da molti sentite come artificiose nel contesto della generale liberazione dagli schemi che ebbe luogo alla fine degli anni 50. A dirla tutta, quel Jazz era diverso: da una parte cameristico, virtuoso ed aristocratico nei movimenti calibrati dell’interplay, dall’altra diretto proprio perché denso di profondi quesiti dal lato intellettuale, segno di un’epoca nella quale la complessità e la problematicità delle Blue Notes avrebbero preluso alla definitiva maturazione del Cool Jazz di Miles Davis, Gil Evans, Gerry Mulligan, Chet Baker e dello stile bachiano, contrappuntistico e classicheggiante, del Modern Jazz Quartet) e alla fine, forse prematura, delle estemporanee blowing sessions così popolari negli ambienti del bebop.

I Tempi dell’Arte erano inevitabilmente cambiati, ciò che il Passato aveva dato era Passato, tanto in Musica quanto in Letteratura, Cinema e Pittura, come del resto la copertina del disco Columbia adeguatamente testimonia.

Fra la piazza e la strada, primo album jazz a superare il milione di copie vendute, Time Out suona ancora magnifico al di là dei formati fin troppo flessibili e “facili” alla vigilia della nascita del Cool e del discutibile incontro col Pop american style, Voce di Notes emozionanti ed elegantissime nei tempi dispari insoliti in quel periodo, come nel  9/8 di “Blue Rondò à la Turk” ispirato al  Rondo alla Turca della Sonata per pianoforte n. 11 di Mozart e ai temi dello Zeybeği della tradizione turca (peraltro già animata, assieme ai riferimenti al Popolare di Afghanistan e India, dal lungo Tour del ’58, testimoniato dall’album Dave Brubeck Quartet della Columbia), nel valzer complesso di “Kathy's Waltz” e nell’originale 4/4 di “Strange Meadow Lark”, composta frazione crepuscolare di un Quartetto fra i più inattesi e sospesi del Viaggio moderno di quell’Universo stravolto ed estremamente consapevole di sé fra mistero, profezia, rituale ed altare di Arte Contemporanea e rara sublimazione fra rondò, passacaglie e swing, fra musica afroamericana e musica colta occidentale.

Riedito in Vinile da 180 grammi dalla Gatefold, a vantaggio degli audiofili più attenti al peso delle frequenze e all’equilibrio delle misure fisiche degli strumenti.

Fabrizio Ciccarelli

Dave Brubeck – pianoforte; Paul Desmond - sassofono contralto; Eugene Wright – contrabbasso; Joe Morello - batteria

1.Blue Rondo à la Turk – 6:44 ( Brubeck)

2.Strange Meadow Lark - 7:22 (Brubeck)

3.Take Five - 5:24 (Paul Desmond)

4.Three to Get Ready – 5:24 (Brubeck)

5.Kathy's Waltz – 4:48 (Brubeck)

6.Everybody's Jumpin' – 4:23 (Brubeck)

7.Pick Up Sticks – 4:16 (Brubeck)

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