Bob Dylan, Shadows

Bob Dylan

Shadows In The Night

2015 (Columbia)

Di fatti e misfatti Mr. Dylan ne ha compiuti molti nel corso della sua lunghissima vita discografica, dalle vette di “Like a Rollin’ Stones”, “Just Like a Woman” e “Knockin’ on Heaven’s Door” a prove un po’ sbiadite nell’ambito del South Rock e del Blues Rurale.

 

E’ vero che la terza età permette anticonformismo ed una disinvoltura talora sfrontata, quando delle memorie ci si può permettere di fregarsene per cercare nuove avventure, opzione più che lecita e senz’altro meritevole.

Non ricorderemo (appunto) i tanti meriti nell’aver creato un Formalismo di Protesta in linguaggio popolare, né l’aver aperto alle nuove tendenze della psichedelia (con i Grateful Dead innanzitutto), né l’aver composto pentagrammi entrati a giusto merito nel Pantheon di tante trasgressioni musicali (Rolling Stones in primis); vogliamo invece intuire un certo angusto solipsismo che da qualche tempo sembra averlo attanagliato, non sappiamo se dettato da desiderio di solitudine meditativa o da crisi esistenziale o, più probabilmente, da smarrimento artistico.

Certo è che l’improvviso ed imprevisto amore per la voce di “The Voice” e per le Jazz Ballads ci può ben spiazzare, e non tanto per l’interesse commerciale che ancor oggi  suscitano, quanto per l’oceanica distanza che separa i repertori e le ugole e le capacità interpretative. Le più note e belle Songs di Frank Sinatra vengono rilette in maniera monocorde ed un po’ “ragliata”(udita la sempiterna pronuncia nasale) in un Plateau di Standards eseguiti in Introduzione Pedal Steel Guitar (che fa molto vacanza Hawaiana), Elocuzione con Orchestra d’Archi (che rende non altro che una molto ordinaria Las Vegas), Disposizione per voce meditante sempre (ma proprio sempre) secondo medesime tonalità e noie cromatiche. Esattamente il contrario di ciò che attendono brani da Crooner, come ampiamente dimostrato a suo tempo da Tony Bennett e perfino dal bravo giovanotto Michael Bublè.

Forse Dylan vuole dar vita ad una nuova Forma-Canzone ispirata alla Non Variazione del Blue Grass o al melodismo Post-Country. Forse, volendo a tutti i costi trovar audaci ragioni alla sua scelta, non vuol far mancare nulla  ai suoi 74 anni, nemmeno il Jazz fra anni 40 e 60, che ben poco c’entra  con i suoi ultimi confusi travagli estetico-religiosi di marca papalina.

Dopo una sterile “I’m a Fool to Want You” ed una piatta “Autumn Leaves”, inutile parlare del resto.

Troppa Brezza d’Ardore può portare alla raucedine intellettuale.

Ma magari solo così fosse…  

Fabrizio Ciccarelli

I’m A Fool To Want You

The Night We Called It A Day

Stay With Me

Autumn Leaves

Why Try To Change Me Now

Some Enchanted Evening

Full Moon And Empty Arms

Where Are You?

What’ll I Do

That Lucky Old Sun

Bob Dylan - voce, chitarra

Tony Garnier - basso

Charlie Sexton, Stu Kimball - chitarra

George Receli - percussioni

Donnie Herron - pedal steel guitar

Daniel Fornero, Larry G. Hall - tromba

Dylan Hart, Joseph Meyer - corno francese

Alan Kaplan, Andrew Martin, Francisco Torres – trombone

 

 

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