erroll garner.concert by the sea

Erroll Garner, Concert by the sea, Columbia 1955, vinile 2022

Non molti dischi possiamo considerarli immancabili per una discoteca di livello, sia si tratti di jazz sia di qualsiasi altro genere musicale.

Concert by the sea di Erroll Garner  è un album bellissimo. E’ uno dei vinili più diffusi tra gli scaffali privati e tra quelli di qualsiasi scuola di musica o università - non in Italia e gran parte dell’Europa, ove, si sa, la cultura delle Blue Notes ha attecchito ben poco, considerando solo lirica e classica generi degni di lustro…e su questo ci sarebbe molto, moltissimo da dire: a proposito, come negare che un’incisione come questa non rappresenti perfettamente le varie evoluzioni delle sette note (“accidenti” inclusi) nel corso del Novecento e dei primi decenni del Duemila? Un fatto di ampiezza di orizzonti culturali, di contorni antropologici che ancora vivono di categorie rigide e restie all’importanza della ricerca e dell’immediatezza emotiva in campo artistico; neanche ci si fosse fermati al Sesto Libro della “Poetica” di Aristotele.

Grazie al cielo il Neoclassicismo ha fatto il suo tempo. S’intenda, il Neoclassicismo più imitatorio, stantio, reduplicante il già detto, il già suonato. Sia chiaro: non si parla del primo Mozart o di Jacques-Louis David, delle riletture di Duke Ellington o di Keith Jarrett, si parla piuttosto della linfa vitale e della liberazione dei sensi di un pianista dalla tecnica eccelsa il cui stilismo s’integrò al bebop e al “concertismo”, innovando il senso filologico dello standard jazz in una spontanea volontà di raffinare dinamiche, ritmiche, “giochi rubati” e solari rotolii nelle sue celeberrime introduzioni, brevi, incisive, preziosi scherzi armonici che bruciano l’istinto paganiniano nel professionismo bachiano di un rinascimento annunciato da Art Tatum e da Charlie Parker.

Questo live del 19 settembre 1955, diciamolo chiaro, non è impeccabile dal lato tecnico: del resto i mezzi a disposizione a quel tempo erano alquanto grezzi, e nessuno si aspettava di dover realizzare un disco dal vivo. La registrazione venne quasi casualmente eseguita da un ingegnere dell'American Forces Network, l'appassionato di jazz Will Thornbury, per pura passione e curiosità di alcuni suoi amici. Martha Glaser, manager dell’ingegno di Pittsburgh, prese il nastro e lo trasformò in album e poi lo fece sentire al capo della divisione jazz della Columbia Records, l’illuminato George Avakian (cui dobbiamo, fra l’altro, la produzione di molti dischi di Miles Davis, l’intuizione di mettere sotto contratto Dave Bubeck e di divenire il manager di Jarrettt) che decise di realizzarne un disco ufficiale.

 

Il valore artistico dell’album supera anche questa inevitabile limitazione (avete mai ascoltato un live ante 1955 considerabile perfetto dal lato tecnico, con i medio-alti ed i bassi più profondi circoscritti al  posto giusto?) e la sensibilità pianistica di questo prodigioso autodidatta, incapace di leggere il pentagramma, tanto che prima dei concerti qualche scelto professionista gli faceva ascoltare la corretta sintassi musicale del brano) è davvero l’incarnazione dell’istintività del talento puro (cos’altro furono Mozart,  Coltrane, Baker e Billie Holiday?).

Garner riprende e trasforma Hearl Hines e Fats Waller in un una non appartenenza ad alcuno stile e, qualora fossimo costretti a fare un paragone, citeremmo Duke Ellington (però colto e studioso ma istintivo tanto quanto) ed i midtempo blues di Count Basie.

Ma paragoni non sono necessari per il suo sound spericolato e volutamente eccessivo, ricco di ornamenti e di fluide sonorità orchestrali abili nel trasformare qualsiasi standard (si veda la tracklist) in un evento pianistico delineato da continui spostamenti ritmici (come nel gershwiniano  Where or When  di Rodgers e Hart, capolavoro suonato non so quante volte dai maggiori maestri del piano jazz, da Bill Evans a Keith Jarrett), dalla tenue luminosità di April in Paris , da raffinate armonizzazioni di sorprendente delicatezza (Autumn leaves), da- ammettiamolo - un certo narcisismo per la spettacolarità (They can’t take that away from me dell’amato compositore di Brooklyn e la splendida intro  di I’ll remember April ). 

Sono scelte del tutto personali di chi scrive, sia chiaro, perché Concert by the sea non conosce attimi di flessione, ed è difficilissimo dire “meglio questo di quell’altro”…

Garner aveva un’interna magica coerenza, apprezzata anche da chi era al fuori del mondo del jazz, e per questo motivo non sempre amato dai puristi delle Blue Notes. Ma noi, cui interessa pochissimo il purismo, con bradipo rispetto ignoriamo.

Come capiterà a pochissimi pianisti in performance live, ne riconosciamo le Cinque stelle, anche poche.

Fabrizio Ciccarelli

Erroll Garner — piano.

Eddie Calhoun — basso.

Denzil Best — batteria.

Lato A

I'll Remember April – 4:14 (musica: Gene de Paul, Patricia Johnston, Don Raye)

Teach Me Tonight – 3:37 (musica: Sammy Cahn, Gene de Paul)

Mambo Carmel – 3:43 (musica: Erroll Garner)

Autumn Leaves – 6:27 (musica: Joseph Kosma, Jacques Prévert, Johnny Mercer)

It's All Right With Me – 3:40 (musica: Cole Porter)

Lato B

Red Top – 3:11 (musica: Lionel Hampton, Ben Kynard)

April in Paris – 4:47 (musica: Vernon Duke, Yip Harburg)

They Can't Take That Away from Me – 4:08 (musica: George Gershwin, Ira Gershwin)

How Could You do a Thing Like That to Me – 3:59 (musica: Tyree Glenn, Allan Roberts)

Where or When – 3:06 (musica: Richard Rodgers, Lorenz Hart)

Erroll's Theme – 0:46 (musica: Erroll Garner)

 

oll Garner, Concert by the Sea, Columbia 1955, vinile 2022

 

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