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PAT METHENY - SIDE EYE NYC (V1.IV)- Modern Recordings, 2021

Certamente il chitarrista americano è stato uno dei grandi innovatori della Sei Corde soprattutto elettrica per via di registri estremamente originali, di una fusion dalle armonie accattivanti che, dietro la nota immagine sorridente esibita nelle cover di tanti dischi, nasconde una personalità enigmatica, tendenzialmente lirica e morbida negli interventi solisti e negli arrangiamenti multietnici dai risvolti talora commerciali ma pur sempre di pregio e di adiacente carisma armonico.

Personalmente Metheny mi ha lasciato non poche volte interdetto e l’ho ascoltato più come enterteiner che come maestro di chitarra jazz (espungo dal novero di certe incisioni non del tutto avvincenti il capolavoro “Letter From Home”) e magari pensando che maestri fossero altri (Joe Pass, Jim Hall e Wes Montgmery) ho captato la sua New Age giustamente lontana da certi trituratori di decibel e acidità estreme (ahinoi sovrabbondanti in mezze porcherie come “Zero Tolerance For Silence”).

Ma rieccolo Pat con questo album improntato ad una certa finezza in un clima di session ove non c’è né pop né free. Certo non siamo ai livelli delle performance del Pat Metheny Group con Lyle Mays, Paul Wertico, Steve Rodby e Pedro Aznar, ma il suono corre veloce e fluido pur se non c’è nessuno che gli tenga le briglie come l’ingegnoso Lyle Mays, e Metheny coglie l’attimo per sciogliere i suoi nodi estetici, i suoi prismi musicali alquanto sofisticati e alloglotti, le sue contaminazioni popolari di vasti paesaggi organizzati in accordi semplici e fuor di dubbio raffinati.

Quali i momenti migliori di Side Eye? Direi l’eccellente jazz rock dai sentori Prog di Lodger che sfiora l’asperrima psichedelia del blues di Jimi Hendrix e, allo stesso tempo, la cantabilità risonante degli amati Beatles e dei Police; la sua tipica forma a Fuga nell’onirico sincopato di It Starts When We Disappear; l’adorata bossa crepuscolare – pur sentita e risentita nei suoi dischi- di Better Days Ahead; il grande capitolo del passato Bright Size Life (il suo primo disco, ECM 1976, ma c’erano Jaco Pastorius e Bob Moses, altra classe) e lo swing monkiano di Turnaround toccato dall’agile pianismo di James Francies.

Il resto ascoltiamolo come s’ascolta un buon Live ben inciso a New York nel 2019 con una magnifica Ibanez ed una synth guitar magistralmente preparata e praticamente senza prezzo, dove l’entusiasmo del pubblico è la maiuscola che spinge il solista a prestazioni perfino superiori alle attuali idee, nondimeno da valutare con sincera benevolenza e assoluto affetto jazzistico.  

Fabrizio Ciccarelli

Pat Metheny: guitar, bass guitar; James Francies; piano, synth, organ; Marcus Gilmore: drums.Sep 27, 2021

PS: in ascolto su You Tube Music https://music.youtube.com/watch?v=TSDaO1BLhqo&list=OLAK5uy_ntF23ms_Ofsu0e2iTCyl5-tFcITKemvbo

 

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