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Guido Coraddu, Miele Amaro, WMUSIC 2022

Dalla Sardegna con Jazz, e si perdoni la banalità: da una terra meravigliosa da ogni punto di vista, soprattutto da quello culturale, soprattutto da quello musicale . Ce n’è voluto di tempo per far conoscere le sue Note: cito il cantu a tenore agro-pastorale, patrimonio UNESCO dell’umanità per la sua straordinaria unicità, diffuso nel mondo dalla sensibilità di Peter Gabriel; ma cito anche i bravissimi jazzisti isolani (Paolo Fresu e Antonello Salis in primis) ricordati da Guido Coraddu nel suo Miele Amaro, album di emozioni, di armonie levigate, di esecuzioni incentrate su un gusto del tutto personale che privilegia blue notes autoctone in nome di un’appartenenza forte alla Terra dei Quattro Mori, com’è giusto che sia.

Il privilegio che Coraddu si lascia è nell’interpretazione di brani colti e lirici, uniformi per un’ Idea della Musica legata al classicismo tardonovecentesco (Dune e Sa Bruscia Narat) e al suggestivo pianismo di Horace Silver, Joe Zawinul e McCoy Tyner (anche se spesso i nomi non dicono tutto) effuso secondo uno stile molto originale in inquieti archetipi elegiaci (Pane Pintau e Linee di Fuga), istanti vibranti ben scelti all’interno di un repertorio che l’artista sardo intende tracciare nelle linee ritenute essenziali; avvedutezza tutt’altro che semplice, considerata la fecondità inventiva dei musicisti interpretati (oltre ai citati Fresu e Salis, Bebo Ferra, Enzo Favata, Massimo Tore, Roberto Pellegrini, Marino De Rosas, Marcello Melis, Gavino Murgia ed altri).

Il Corpo e la Ragione degli arrangiamenti lascia la sensazione di un Contemporary fra le sintassi più feconde di Debussy, Ravel, Stravinskij e Berio,  portando cromatismi di tono popolare ad espressione di una creatività complessa e giocosa, cabrante nell’improvvisazione e nella forza di una diteggiatura esperta nelle sette ottave del pianoforte, in particolare le medio-alte, segreto (non a caso, secondo la mia opinione) della smagliante circolarità del gaudium dei sardi gosos in ottave / sestine, drammatiche agiografie di poesia estemporanea,  e dell’ancestrale inventiva del canto monodico logudorese.

Sarà una mia suggestione ma la Koinè isolana è il faro che dirige il Sentire del Coraddu e, osservazioni tecniche a parte che come sempre lasciano il tempo che trovano, il Pathos di Miele Amaro è un’ottima antologia che attraversa quasi ogni storia della Musica sarda in un intenso e profondo mediterraneo Piano Solo di tutto riguardo.

 

Fabrizio Ciccarelli

Da ascoltare su You Tube Music a partire da Another Road to Timbuktu: https://music.youtube.com/watch?v=UN86lkCNuvk&list=OLAK5uy_li0lTujlcjYcw6HLFq4vyKupnzRVJXIpk

 

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