nat adderley-work song

Nat Adderley, Work Song, Riverside 1960, ristampa vinile 2022 

Spesso fu messo in ombra dal fratello Julian Cannonball, ma NAT ADDERLEY fu un ottimo musicista che avrebbe meritato maggiore attenzione da parte di quella Critica che giudicò forse superficialmente le sue performance sui tempi lenti, considerandoli banali mainstream di tono fin  troppo accattivante.  Non è così, a mio avviso, Nat suonò la sua cornetta con un tono caldo e pieno ed i virtuosismi dimostrati sui tempi veloci lo designano come assoluto virtuoso del suo ottone, con un fraseggio ricco di inventiva melodica ed eleganza solistica.

Il duo Nat-Cannonball, sbarcato a New York, fece sensazione ideando jam session con qualificati musicisti quali Sonny Stitt e Oscar Peterson, per le quali alcuni dissero di lui come il nuovo Parker (va bene, ma non esageriamo). Nonostante la giovane età furono scritturati dai maggiori jazz club, e Quincy Jones li prese per un contratto molto importante con la Emarcy per cui realizzarono eccellenti registrazioni oggi comprese nel doppio Lp “Sophisticated Lady”. Poco dopo passarono alla più prestigiosa Riverside, per la quale Adderley ebbe modo di incidere dischi da solista con formazioni straordinarie: il più noto (ed il migliore) è Work Song, il cui brano omonimo incontrò immediatamente un gran successo, subito considerato la bandiera del Soul Jazz, qualora il nome che a tutt’oggi darebbe la definizione del genere risulti accettabile. Work Song è un album nel quale è possibile percepire quella visceralità di suono proveniente dal gospel e dal blues (questo a mio avviso il motivo che spinse molti a parlare di soul jazz) lanciata da una ritmica stellare (Percy Heath e Louis Hayes, due strumentisti tra i maggiori della storia del contrabbasso e della batteria), dal suono limpido ed elegante di Wes Montgomery, chitarrista sempre di ottimo gusto musicale e di rara inventiva (anch’egli tra i maggiori seicordisti che le Blue Notes ricordino), dalla linearità decisamente funky di Bobby Timmons al piano.

Il mood di Nat è caratterizzato dalla scelta di correre pieno sugli acuti della sua cornetta, di fraseggiare sui tempi medi in un modo ampiamente condiviso da Miles Davis: talora i loro soli sembrano ideati in completo accordo, fulgidi, talora introversi talora squillanti, pur se Nat non scelse l’effetto ottundente, lirico e cantabile della sordina ma privilegiò soffi diciamo più bop, andamenti più plastici nella memoria di quella spiritualità da “chiesa riformata” che entrò nel suo stile come un uragano mistico che egli riuscì ad amalgamare all’innata passione per la cultura africana (a tal proposito si faccia attenzione alle scelte ritmiche e ad una certo effetto vocale delle partiture da lui arrangiate). In Work Song si ha la netta sensazione che tutto il quintetto condivida le medesime idee, che tenga ogni brano sul filo di un entusiasmo immediato, di una comunicatività che in futuro diverrà segno distintivo sia di Wes Montgomery che di Bobby Timmons poiché Nat non fu solo compositore ed arrangiatore finissimo ma anche demiurgo di un jazz che trovò la sua massima espansione nei Riverside proprio di Wes, uno dei più grandi chitarristi d’ogni tempo. Vogliamo ricordare come la Riverside sia stata una delle Label più attente alla cura dell’incisione, della brillantezza e dell’equilibrio dei toni medio-alti, una lezione tecnica  ben percepita dai discografici giapponesi che, a quanto mi risulta, offrirono cifre da capogiro per far proprie quelle lacche che, a tutt’oggi, costituiscono uno dei primi appetiti dei musicofili (in primis per i vinili più noti di Bill Evans e Thelonious Monk). Di conseguenza, se avrete l’opportunità di acquistare ad un prezzo ragionevole il vinile di questo ottimo disco, vi accorgerete della splendida disposizione musicale e dell’umore del Quintetto, nessuno escluso e nessuno, nel proprio ruolo, secondo a nessuno; fermo restando che Nat Adderley resta il protagonista assoluto di brani indimenticabili come la title track Work Song, uno dei riff jazzistici più conosciuti, la tenue poesia crepuscolare di I've Got a Crush on You di George Gershwin e Ira Gershwin, il vortice di Fallout firmato dallo stesso Adderley e la splendida evergreen Violet for your Furs .  

Fabrizio Ciccarelli

Musicians:

Work Song / I've Got a Crush on You / Sack of Woe / Violets for Your Furs / Scrambled Eggs:

Nat Adderley – cornetta

Bobby Timmons - pianoforte (brani: Work Song / Sack of Woe / Scrambled Eggs)

Wes Montgomery - chitarra

Sam Jones - violoncello, contrabbasso

Percy Heath - contrabbasso (brani: Work Song / Sack of Woe / Scrambled Eggs)

Louis Hayes - batteria (brani: Work Song / Sack of Woe / Scrambled Eggs)

Pretty Memory / Mean to Me / Fallout / My Heart Stood Still:

Nat Adderley - cornetta

Bobby Timmons - pianoforte (brani: Pretty Memory e Fallout)

Wes Montgomery - chitarra

Sam Jones - violoncello, contrabbasso (brani: Pretty Memory / Fallout / My Heart Stood Still)

Keter Betts - contrabbasso

Louis Hayes – batteria

All compositions by Nat Adderley except where noted.

"Work Song" (Nat Adderley, Oscar Brown Jr) – 4:15

"Pretty Memory" (Bobby Timmons) – 3:54

"I've Got a Crush on You" (George Gershwin, Ira Gershwin) – 2:55

"Mean to Me" (Fred E. Ahlert, Roy Turk) – 5:01

"Fallout" – 4:54

"Sack of Woe" (Julian Adderley) – 4:28

"My Heart Stood Still" (Lorenz Hart, Richard Rodgers) – 6:25

"Violets for Your Furs" (Tom Adair, Matt Dennis) – 3:50

"Scrambled Eggs" (Sam Jones) – 3:20

Recorded at Reeves Sound Studios in New York City on January 25, 1960 (tracks 2, 4, 5 & 7) and January 27, 1960 (tracks 1, 3, 6, 8 & 9)

In ascolto su: https://music.youtube.com/watch?v=Obb4ITdKGfQ&list=OLAK5uy_lAr6ECZU860np5scjr-cG9rkapgBC07rE

 

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