robert glasper -Black RadioIII

Robert Glasper, Black Radio III, Loma Vista 2022 (cd o vinile)

Il quarantaquattrenne pianista texano Robert Glasper con questo Black Radio Terzo Volume si avvicina sempre più alla street music, dalla quale in realtà non è stato mai lontano, anche se ricordiamo prove per la Blue Note più affabili dal lato Blue, più vicine al jazz moderno e non modernissimo, sebbene in ogni sua composizione abbia lasciato intravvedere quel “sentimento hip hop” con quale è cresciuto negli anni in cui il “black style” era quasi un imperativo categorico per gli artisti coloured, specie se jazzisti o frequentanti generi in qualche modo assimilabili al Funk o alla Fusion “da strada”.

Questo Black Radio III conferma tali scelte, anzi le amplifica (ed un po’ ce ne dispiace: nulla in contrario all’hip hop, ma il post cool di senso contemporary ci convince senz’altro di più) e le trasforma in un plateau con molta elettronica, molta effettistica, molta suggestione di voci sintetizzate in un programming incalzante anche se non invasivo, ferma restando la sua presenza pianistica di assoluto livello e, forse ancor di più, la sua “orchestrazione” per brani (guarda caso) distinti da vocalist che sempre hanno a che esprimere nell’ambito hip hop, trance, soul o, per così dire, “radio edit”: appunto Radio, appunto Black, come vuole il titolo scelto per questa serie di performances che per comodità chiameremo Nu Jazz, tanto il risultato non cambia.

Cogliamo Black Music e New Age nell’atmosfera notturna e metropolitana in una sorta di suite campionata da rappers e permormers con una forte consapevolezza per il “Black Lives Matter” (com’è nell’uso degli stessi) senza mai trascendere in ubriacature ideologiche, semmai in un orgoglio tutto afro-americano fatto di Radici, di senso di appartenenza, di essere Altro dall’American Way of Life: e ci sembra giusto, più che giusto. Il Rap altro non è che un parlar cantando o un cantar parlando, e quindi il testo posto in musica assume un valore decisivo, testo non sempre facilmente intuibile da tanti ascoltatori che sentono lo Slang americano come qualcosa che cattura, ma del cui senso linguistico yankee si coglie molto poco: non siamo tutti così esperti nell’intuirne le sfumature, forse più di qualche volta i produttori USA se ne dimenticano o più probabilmente poco li interessa in quanto convinti che l’Inglese non possa che essere idioma universale, con quel tanto di spocchia che distingue lo “stile americano”, in verità spesso provinciale in quanto a finezza intellettuale. Ma in definitiva forse non molto importa a chi predilige le Note alle Parole (anche se gradiremmo che nei booklet di album come questo i produttori o i direttori artistici ci mettessero in grado di leggere oltre al testo il senso della metrica sincopata in modo più agevole e “mondiale”). Comunque, personalmente, tutto ciò disturba poiché lo Slang non è la lingua universale della Musica, anche se la più semplice per versificare in linguaggio Jazz o Rock: ma che dire allora del Francese o dell’Italiano? Queste scelte tengono al di fuori, emarginano milioni di musicofili e il tutto finisce per apparire autoreferenziale e ideologicamente più che discutibile.

Torniamo al disco. Qualcuno potrebbe aver la sensazione di trovarsi di fronte ad un album quasi pop, ma le lezioni di un McCoy Tyner, di un Herbie Hancock, di un Keith Jarrett o di un Chick Corea non tardano ad apparire, nonostante personalmente continuiamo fortemente a preferire il Glasper non crossover, non R&B, non neo-soul, non Urban, bensì il pianista-arrangiatore-produttore nato dalle collaborazioni con Christian McBride, Terence Blanchard e Roy Hargrove, il Glasper acustico della Blue Note insomma (da “Canvas” del 2005 a “Covered” del 2015, ai “Live at Capitol Studio”) assieme alla splendida ritmica con Vicente Archer e Damion Reid o Derrick Hodge e Chris Dave (brani di riferimento: le magnifiche So Beautiful, Levels, I Don’t Even Care).

Ma il segno del Tempo non va mai ignorato, né le ragioni  che inducono un artista ad evolvere il proprio stile dopo aver attraversato interessanti letture dei Radiohead, dei Nirvana (specie Smell like Thin Spirit), dei Soundgarden, di Stevie Wonder o di David Bowie, per giungere alla propria, per dirla come il tanto amato Miles Davis, “ apertura mentale attraverso il Tempo in cui ci si trova”. Da questo punto di vista allora l’album risulta interessante, perché Glasper è un artista eccellente, un solista raffinato, sottile, lirico, inventivo e colto.

Nel 2015 Glasper è stato produttore, compositore e arrangiatore di “Miles Ahead”, un film biografico che documenta la vita del principe dei trombettisti, citato come una delle sue maggiori influenze musicali. La colonna sonora consiste principalmente in arrangiamenti e interpretazioni di alcune delle composizioni più famose di Davis, ad eccezione di alcuni brani scritti dallo stesso texano: gli è valsa il Grammy 2017 per la migliore colonna sonora di compilazione per Visual Media, così quando ha reso omaggio a Davis attraverso remix  e reinterpretazioni in “Everything's Beautiful” il 27 maggio 2016, il suo primo disco con Columbia Records e Legacy Recordings. Quella del pianista di Houston è una carriera particolarmente importante: quattro Grammy all’attivo, collaborazioni di assoluto livello, 14 album in studio e 2 EP molto graditi ai DJ per lo scratching e la manipolazione dei suoni mediante il mixer per creare musica di volta in volta differente ed adeguata alla serata richiesta: New York Style, in fondo coerente al programming tanto associato da Glasper alle sue ultime scelte discografiche.

Accettiamo e attendiamo con grande fiducia le evoluzioni future di un talento assoluto del Jazz contemporaneo: visionario, Cool, agitato, notturno nella Big Apple dei writers di Harlem, del Bronx e del Queen’s, come nella suggestione dei brani In Tune e  Black Superhero, nei toni caldi e soul di Yebba in Over.

Lasciamo dunque che Glasper sfili tra i marciapiedi del Lower East Side con una monumentale platea di musicisti in “Black Radio III”, in doppio vinile da 180 grammi (questo sembra assolutamente opportuno, non fosse altro che per le probabili elaborazioni di DJ e manovratori vari del Sound contemporaneo). Qualcuno si chiederà: ma se questa è la via del futuro, che ne sarà del Jazz? Il Jazz continuerà ad evolversi come ogni altra forma artistica, accoglierà nuovi stimoli, avrà sempre più elettronica e computer a sua disposizione, verranno creati nuovi stili ma, come possiamo dedurre da questo album, gli elementi afro, lo swing, il connubio con la Classica e  le lezioni dei Maestri  Coltrane, Davis, Evans, Jarrett ed Ellington continueranno ad impreziosire questa preziosa Summa, unica per creatività.

Fatevene un’idea anche perché il disco è in ascolto su:

https://open.spotify.com/album/0rLSX7OMtwRHDjjCWL6tHC?autoplay=true

Giacché ci siete fatevi anche un’idea del Glasper che abbiamo preferito, prestando ascolto a quello che a nostro avviso è il pianista da tenere nello scaffale dei preferiti:

“Canvas”: https://open.spotify.com/album/4kHHWOwd6G2RHJiGDzkfIK?autoplay=true

“Covered”: https://open.spotify.com/album/77g5kcDy0ZiKzH2dWHbvK9?autoplay=true

“Live at Capitol Studios”: https://www.youtube.com/watch?v=ibHN6_e8CNE&list=PLLhJY9gn1Cd7bY_c36pL1SiLBNHdN1cAo&index=2

Fabrizio Ciccarelli

Keyon Harrold (tr.), Terrace Martin (alto, tast.), Marcus Strickland (cl. b.), Robert Glasper (p., tast., batt.), Cory Henry (org.), PJ Morton (tast., voc.), Justin Tyson (tast. batt.), Jay Cooper, Bryan-Michael Cox (tast.), Isaiah Sharkey, Marion Williams (chit.), Derrick Hodge, Burniss Travis II, Pino Palladino, Taddeus Tribbert (b. el.), Chris Dave (batt.), DJ Jazzy Jeff, Jahi Sundance (giradischi) Amir Sulaiman, Christian Scott, BJ The Chicago Kid, Big K.R.I.T, Killer Mike, Lisa Harris, Riley Glasper, Josephine Hodge, D Smoke, Tiffany Gouché, Esperanza Spalding, Q-Tip, Yebba, H.E.R., Meshell Ndegeocello, Lalah Hathaway, Common, Musiq Soulchild, Posdnuos, Ledisi, Gregory Porter, Ant Clemons, Jennifer Hudson, India, Arie, Ty Dolla $ign (voc.).

In Tune (featuring Amir Sulaiman) – 3:18

Black Superhero (featuring Killer Mike, BJ the Chicago Kid and Big K.R.I.T.) – 5:55

Shine (featuring D Smoke and Tiffany Gouché) – 6:28

Why We Speak (featuring Q-Tip and Esperanza Spalding) – 6:19

Over (featuring Yebba) – 4:55

Better than I Imagined (featuring H.E.R. and Me'Shell Ndegéocello) – 4:51

Everybody Wants to Rule the World [TEARS FOR FEARS] (featuring Lalah Hathaway and Common) – 5:41

Everybody Love (featuring Musiq Soulchild and Posdnous) – 5:03

It Don't Matter (featuring Gregory Porter and Ledisi) – 5:27

Heaven's Here (featuring Ant Clemons) – 3:56

Out of My Hands (featuring Jennifer Hudson) – 5:35

Forever (featuring PJ Morton and India.Arie) – 5:45

Bright Lights (featuring Ty Dolla $ign) – 4:02

 

   

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