paolo ganz-Borges, atahualpa e le magiche lune

Paolo Ganz, Borges, Atahualpa e le magiche lune, Storiedinote.fr  2022

Chi abbia vissuto il Mare Nostrum per eredità culturale o per passione letteraria, per nascita o per coscienza, filosofica troverà in questo album incipit e conclusione di mille storie di onde elleniche e bizantine, storie di voci d’amore, di speranza, della semplice saggezza dei popoli che vivono di quel particolare Mistero che lega le notti delle basse maree agli scogli scalfiti dal sole nostro, il silenzio del crepuscolo allo stupore dell’alba.

Borges, Atahualpa e le magiche lune di Paolo Ganz, scrittore e cantore di suggestioni che dicono di elegie sognate nella sua Isola (la Venezia marinara, umanistica e barocca) che, come Bisanzio, è crocevia di armonie diverse, fino a spingersi all’Oceano centro-meridionale (Atahualpa e il regno inca che sa d’Egitto) perché chi ama navigare ama sognarlo in ogni dove, vele aperte e cuore aperto senza limiti se non il profondo rispetto per il mare da amare, amico, sogno, padre o demone o sirena, deserto in cui perdere orizzonti temporali  nella “ regina dei sogni che anche i più fantastici li fai sembrare veri, senza una rotta, senza un capitano” (Buonanotte Buianotte) tra i battelli ebbri di Paul Verlaine e la tragica transizione reazionaria seguita ai Mille dell’assassino “Garibardo” (gloria infame dell’infame Risorgimento degli infami Savoia) rivelata dal principe Fabrizio Salina nel “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa.

Chi recita e canta lo fa di Poesia, un cercatore d’Ignoto come molti di noi che di noi parla con metafore antiche, con un profondo senso della vita e con un senso intimo della musica che corre bellissima tra terre mozarabe, Balcani e sud-est mediterraneo, un colto affinatore dell’avventura di Ulisse e di Giasone che chiede pace e ricordi dolenti quale denuncia di una giustizia sempre ignorata, come nell’intenso brano che dà titolo al disco (Argentina, il golpe, il sommo Borges e la Plaza de Mayo) e che riconduce allo splendido Guccini di “Metropolis” (in Bisanzio e Venezia) e “Argentina”, nelle nostalgie boreali senza esito di Fabrizio De André e Ivano Fossati in Questa mia Isola e nell’onirico ancestrale di Nautilus, notturno del “non avrai altro dio al cospetto del mare, non trarrai vanto dalle tue rotte né da tempeste e fortunali o dall’abbondanza delle tue reti, perché ciò che il mare concede può esser tolto in un momento dal suo vento maligno o dall’infausta onda”.

Omero e il Mistero di una bellezza ogni volta da scoprire nuova. Così è il Mare: dialetti discendenti da Orfeo, poeta della Tracia che rendeva mansuete le belve col suo canto, terra di ninfe e di giganti, del Sublime Aedo e di Platone che ancora restano nell’Ignoto e nell’Invisibile: com’è giusto.   

Fabrizio Ciccarelli

Paolo Ganz –  voce, harmonium indiano, mandolino, conchiglie

Simone Chivilò –  pianoforte, chitarre, basso elettrico, programmazioni, arrangiamenti, autore (Buonanotte buianotte, Naufraghi d’Autunno, Borges, Atahualpa e le magiche lune e Questa mia isola)

Lorenza Bano - violino, Laura Balbinot -  violoncello, Marco Centasso - contrabbasso, Marco Campigotto  - batteria e percussioni, Riccardo Matetich - tabla, Giulio Gavardi - saz, oud e duclar, Fabiano Maniero- trombino, Mirko Satto - bandoneon.

# in ascolto su https://music.youtube.com/watch?v=_6ZCMvuXs0Q&list=OLAK5uy_kAPRGaTjkK2TbBT9FFHJHBvaJWSNV4hmc

 

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