Michel Godard & Roberto Ottaviano, Astrolabio Mistico, Dodicilune 2023

In tutta sincerità, di album di questa caratura culturale se ne vedono pochi in giro. 

Il titolo sembra davvero adeguato, un’evocazione attraverso la melodia nel cantato di Ninfa Giannuzzi (Nel racconto di tutte le notti) che chiama armonie mediterranee, sottolineate dal fiato a doppia esse Serpent di Godard e declinate in jazz dal soprano di Ottaviano, lirico e fuggente in quell’andamento intimo che pervade l’intera performance, accarezzato dal lieve e suggestivo fraseggio della tiorba (il grande liuto seicentesco) in un portamento tanto “antico” quando moderno.

Il segno stilistico dell’Astrolabio Mistico  è nel Canto sommesso de L’occhio nell’occhio e in  Bianca (la Bianca Lancia di Federico II*) ove i versi descrivono suggestioni trobadoriche, in altra soluzione anche vicine all’Ermetismo ed alla lirica di Garcia Lorca (Ecco sei qui, Ogni cosa), in un percorso di sognanti luci notturne (Spinosa lacrimae) passionale e levigato da preziosi apporti solistici dal deciso piglio interpretativo (Sette nello scrigno), variegato da arrangiamenti lineari che tracciano un intenso cantautorato dai lenti frangenti per così dire “misterici”, impressionistici, lampanti in un dialogo continuo tra narrazione sordinata e aperture oniriche (Amor sospeso).

Le tessiture emotive avvicendando invenzioni dal caldo colore timbrico nelle quali si respira un vento di Storia che leviga le timbriche in una Rosa del ciel , “pulcherrima” anche più raffinata della leggera freschezza del Canzoniere attribuito allo “Stupor Mundi”, all’illuminato Federico II di Svevia, per tradizione ritenuto – a mio avviso con ragionevoli dubbi **- fondatore della Scuola poetica siciliana, imperatore citato nella prima pagina del booklet per la sua fenomenologia dell’amore e per l’introspezione che libera figure “d’antica ragione”, mosse dai suoni maestri di un’ispirazione artistica che sentiamo nostra: Koinè mediterranea, onde poetiche di Magna Grecia - come del resto già Ovidio nei “Fasti”: «Itala nam tellus Graecia maior erat»; «Ciò che chiamiamo Italia era Magna Grecia»- Poiesis musicale che rappresenta una notevole aggiunta al repertorio di Roberto Ottaviano, tessiture coerenti e originali in una trepidante “canzone di donna”, Io  elegiaco e sentimentale così insito nella nostra genetica spirituale, narrazione di un Tempo senza Tempo che non dovrebbe mai esser dimenticato.

Fabrizio Ciccarelli

Michel Godard – serpent/el. bass

Roberto Ottaviano – soprano sax

Ninfa Giannuzzi – vocals

Luca Tarantino – theorbo

Anita Piscazzi – acting voice

1 – Astrolabio Mistico

2 – Nel racconto di tutte le notti

3 – Light the Earth

4 – L’occhio nell’occhio

5 – Ecco sei qui

6 – Spinosa Lacrimae

7 – Sette nello scrigno

8 – Il respiro di Bianca

9 – Ogni cosa

10 – Amor sospeso

11 – Rosa del ciel

12 – Far away

13 – Al fuoco del mondo

14 – Bianca

Compositions by Roberto Ottaviano (1, 6, 9, 12), Ninfa Giannuzzi (2, 4, 13, 14), Michel Godard (3, 5, 8, 10, 11), Luca Tarantino (7). All lyrics by Anita Piscazzi. Arrangements by Michel Godard (2, 13), Luca Tarantino (4)

#in ascolto su

https://open.spotify.com/intl-it/album/7FWaXAk5QZTZQlVDKyN87f?uid=00a6211b3cef18da74eb&uri=spotify%3Atrack%3A2KPHDYDmY57pSCzWRK6pns

** Stesso discorso vale per le cantigas attribuite ad Alfonso X di Castiglia e a Re Dionigi (Dom Denis) di Portogallo: la questione relativa all’attribuzione di opere a personaggi dell’alta nobiltà è, a mio avviso, lectio difficilior. Il prestigio dell’autore spesso coincideva in quegli anni con la sua collocazione sociale, e molti notabili si servivano di uomini di cultura (chierici soprattutto) per redigere opere poi diffuse a loro nome, il caso opposto di quanto relativo alla “questione Shakespeare”. Ovvio che quanto firmato da un grande aristocratico non faceva altro che aumentare la sua popolarità, all’interno ed all’esterno delle terre possedute, una visibilità internazionale che avrebbe portato sicuri benefici politici e dunque economici. Sappiamo che la maggior parte della nobiltà era pressoché analfabeta, almeno tra medioevo e Rinascimento, semplicemente perché non aveva bisogno di cultura ma di abilità nelle strategie economiche e militari, della “discrezione” di Guicciardini e delle doti “della golpe et del lione” di Machiavelli. Resta il fatto che Federico II di Svevia fu senz’altro un monarca illuminato, tollerante, protettore degli artisti incline alla multiculturalità, molto più moderno di quanto la maggior parte dei potenti moderni siano mai stati.

* Bianca Lancia fu amante e presumibilmente ultima moglie dell'imperatore Federico II di Svevia, che forse la sposò in articulo mortis. Da Federico ebbe due figlie e un figlio, Manfredi, ultimo re di Sicilia del casato Hohenstaufen. Circa la sua biografia non abbiamo certezze:  leggenda vuole che nel castello di Monte Sant'Angelo fosse stata tenuta prigioniera a causa della gelosia dell'imperatore e lì morì, forse suicida. Simile vicenda è tramandata a proposito della Rocca di Gioia del Colle, dove sarebbe stata rinchiusa per aver commesso adulterio. Sappiamo anche che quando un potente voleva disfarsi della moglie spesso l’accusava d’aver peccato con un amante, e ciò accadeva sempre per strategie di consenso. Ma siamo sempre nel campo delle incerte segretezze e delle fortunose possibilità specie quando ci troviamo di fronte a nobildonne vissute dalla fine dell’impero Romano d’Occidente ed il 1400.

  

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