I Filosofi e la Musica, HEGEL, di Stefano Cazzato

I filosofi e la musica: G.W.F.Hegel

Tre, quattro volte, distante dal vero 

La musica non è la più importante tra le arti, e l’arte non è la più importante tra le espressioni umane.  Può essere sintetizzata così la tesi di Hegel sulla musica, relegata in una posizione marginale all’interno del sistema della scienza rispetto ad attività che hanno maggiore potere rappresentativo della vita spirituale.

 

La poesia sopravanza la musica (ma anche la pittura le è superiore) perché “non si rivolge “al semplice sentimento” ma all’idea che può essere colta solo tramite la parola.

E la filosofia sopravanza l’arte (ma anche la religione le è superiore)  perché  mentre l’arte resta nei confini del bello, per quanto questo bello nella poesia si dia in modo universale, la filosofia punta direttamente al vero colto nella sua forma essenziale e non semplicemente nella sua “forma esteriore”, fenomenica o soggettiva.

La poesia rappresenta dunque il momento dialettico, di contraddizione e di passaggio,  in cui il sentimento, ancora solido ma non più regnante in pompa magna, sfuma nel concetto e prepara la strada al vero filosofico che si presenta con “paramenti sacerdotali (a proposito della contiguità tra religione e filosofia).

Sembra esserci ben poco di romantico in questa svalutazione hegeliana dell’arte e della musica, se è vero che il romanticismo fu la grande stagione della musica. Ma c’è romanticismo e romanticismo e quello hegeliano ha tutta l’aria di essere un romanticismo poco romantico almeno quanto l’illuminismo di Rousseau aveva l’aria di essere poco illuministico. Basta leggere questo passo tratto dalle “Lezioni sulla filosofia della storia” per rendersene conto: “presso di noi l’arte non può essere … il modo supremo di rappresentare e cogliere il vero, e non può avere che una posizione subordinata, La configurazione, che vien fornita soltanto dall’arte, non ha per noi verità incondizionata, non è la forma in cui possa apparire quel che è assoluto. La forma dell’arte è soltanto qualcosa di finito, qualcosa di inadeguato all’infinito contenuto che dovrebbe esservi rappresentato”.

In sintesi: la triade hegeliana, vista dall’alto, propone filosofia, religione e arte; e all’interno dell’arte: poesia, pittura, musica. Se si fanno i conti, la musica è due, tre volte, forse quattro, lontana dal vero.

Su Hegel, come su tutta la linea idealistica della filosofia occidentale, grava ancora il vecchio pregiudizio platonico: l’arte, più o meno, è solo una copia, un simulacro, del vero. Ma non è proprio questa distanza dal vero, così arido, così noioso, a renderci la musica così simpatica, così attraente?

 

Stefano Cazzato

 

 

 

 

 

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