alessandro marzano quintet-monk's pieces

ALESSANDRO MARZANO QUINTET, MONK’S PIECES, Emme Record Label 2023

Confrontarsi con un musicista come Thelonious Monk può esser impresa molto semplice, se se ne copiano le andature melodiche ed i soli, oppure operazione assai complessa se si intende dare volto contemporaneo alle composizioni del maestro di Rocky Mount: per farlo occorre conoscere e aver sentito, aver intrapreso una via jazzistica “diversa” e calibrata tra le metafore ardite e le “stranezze” di Monk, aver intuito che dietro quell’apparente egocentrismo in realtà si celava una sensibilità acutissima per la musica del 900 e per una ferrea volontà d’innovare al di là degli schemi mainstream.

Il Quintetto di Alessandro Marzano osa con questo “Monk’s Pieces” poiché toccare Monk può suonare come sacrilegio e, per la verità, interpretarlo è sempre rischioso dacché ci si pone davanti a riflettori severissimi (fate caso a quanti tentativi sono andati in malora e, quando questo non è accaduto, a chi era ad omaggiare il grande sciamano americano devoto alla cultura black e sfrontato leader di un movimento che dalla metà degli anni 60 avrà giusta notorietà).

I Cinque scelgono nove brani tra i più importanti, li esaminano con cura e i fiati li fraseggiano molto bene in concordanza con una ritmica all’altezza, tenuti assieme dal fluido colorismo del Marzano alla batteria, cui credo dobbiamo la gestione degli arrangiamenti e, ritengo, la scelta di incidere un disco en hommage ad uno dei maestri del pianoforte moderno proprio senza pianoforte; scelta, a mio avviso, assolutamente intelligente, ponendo in primo piano le sguiscianti inventive di tre fiati pronti a dialogare fra loro, probabilmente come Monk stesso avrebbe voluto.

Ecco dunque che l’anima del grande artista americano riappare negli accenti spostati di Epistrophy, nei bui cromatismi di Ugly Beauty, nella libera magia del capolavoro Misterioso, nella sorprendente distonia di Pannonica, nell’ironia del postbop di Hackensack, nel crepuscolare marchin’ di Light Blue, una New Orleans brumosa e asfittica, nell’impatto dilatato di Straight No Chaser e Monk’s Dream, chiosando il tutto nell’inattesa tenerezza di Children Song, lirica imprevedibilità di un Gigante delle Blue Notes.

Un disco sul quale meditare, da ascoltare cum grano salis.

Fabrizio Ciccarelli

Federico Pierantoni – Trombone

Matteo Diego Scarcella – Sassofono tenore

Federico Califano – Sassofono contralto

Gabriele Evangelista – Contrabbasso

Francesco Tino – Basso elettrico in traccia 7

Alessandro Marzano – Batteria

1.Epistrophy 04:14

2.Ugly Beauty 03:46

3.Misterioso 04:47

4.Pannonica 03:27

5.Hackensack 04:08

6.Light Blue 03:33

7.Straight, No Chaser 02:57

8.Monk’s Dream 10:02

9.Children Song 02:28

# in ascolto su https://music.youtube.com/watch?v=xf---VMxHxw&list=OLAK5uy_m_GsB1wQsv20mQ0AIwQ_69ExdmjcxYMcE

 

  

 

 

 

 

 

          

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