sixun jazz a la villette, 8.9.2023

Sixun, Jazz à la Villette. 8.9.2023

A quasi 40 anni dalla fondazione la storica band francese continua ad esibirsi dal vivo con esiti davvero di gran qualità, restando fedele alle scelte originarie di una fusion jazzistica effervescente e grintosa, variando tra accenti rock, afro e caraibici.

Per chi ama il genere il concerto è senz’altro da non mancare, con i chiari riferimenti ai Weather Report,  al periodo elettrico di Miles Davis e di Herbie Hancock, al groove degli Steps Ahead, di Lee Ritenour,  dei Crusaders e degli Yellow Jackets: tastiere corpose con eclettiche variabili sui registri e sulle ottave alte, ottimo basso elettrico sostenuto da slapping e giri caldi, chitarra dai magneti vibranti, saxes dai toni forti, batteria frusciante negli andamenti più tenui e percussiva in quelli più mossi: un esito davvero eccellente, a mio avviso, coinvolgente e affabile, divertente e non privo di quella raffinatezza d’arrangiamento che rende da sempre il jazz forse unico tra i fenomeni musicali moderni.

Gli strumentisti sono di grande spessore, l’interplay è pressoché perfetto, le improvvisazioni non oscillano mai tra mainstream e furbizie modaiole, pregevole l’intenzione di dar senso contemporary ai brani scelti per il Live, storici all’interno della produzione discografica della band, toccando apici etno, electro, finanche hip hop, nell’intenzione di dare un senso innovativo al loro lungo e poliedrico percorso musicale denso di varianti ritmiche e melodiche proprio come in questa esibizione all’interno delle celeberrime iniziative dei Festival JAZZ A LA VILLETTE, molte delle quali sono visibili su You Tube, e molto spesso vale la pena dar loro retta per le scelte artistiche degli organizzatori e per la qualità delle registrazioni video e audio.

Consiglio un recupero della discografia del quintetto.  Paco Sery (drums, percussion), Jean-Pierre Como (keyboards), Alain Debiossat (saxophone), Louis Winsberg (guitar) e Michel Alibo (Bass): una Fusion  che, non so perché e non so farmene una ragione, non ha attraversato i confini francesi come avrebbe meritato. Provincialismo culturale? Sì, con tutta probabilità, dal momento che “Ciascuno chiama barbarie quello che non è noto al proprio modo d’essere” (“Chacun appelle barbarie ce qui n’est pas de son usage”) come asseriva già nella seconda metà del 1500  lo scettico filosofo MICHEL DE MONTAIGNE.

Più di un’ora e mezza da vedere ed ascoltare, ne vale la pena.

Fabrizio Ciccarelli

# questo il link al concerto: https://www.youtube.com/watch?v=pJb1N4YWG0s

Merci pour votre collaboration, Cultureboxftv: https://www.youtube.com/@cultureboxftv

 

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