Carla Bley, Trios

Carla Bley, Andy Sheppard, Steve Swallow

Trios
ECM 2013

Per un album il cui titolo gioca sulla pluralità dell’ensemble base delle Blue Notes ci si potrebbe aspettare una coordinata proposta di definizioni standard del Suono in Trio: il suggerimento sembrerebbe correre fra le righe, lasciando via ampia alla libertà strumentale, e, conoscendo Carla Bley, all’improvvisazione nelle sue diverse forme ed aree di applicazione, a sistemi e modelli concepiti anche in modo alogico se non astratto.

 

Forse così è, ma solo in parte. Carla Bley, pensatrice di armonie prima che solista, fa della propria musica un percorso intimo spesso sussurrato, un monologo interiore che, fin dai tempi di “Escalation Over The Hill” (triplo LP del 1971 concepito col poeta Paul Haines, Summa fra jazz, rock, pop e psichedelica), indaga circa l’Avant- Garde e le possibilità espressive dell’Experimental Band e del Post Bop inteso come movimento di rifrazione degli ultimi bagliori della Classica Novecentesca e dell’Ambient più minimale e intimo.

Dal repertorio cameristico Fin De Siècle la pianista deduce ritualità eleganti ed aperture chiaroscurali vaganti e liriche, dell’ironica passionalità di Thelonious Monk condivide le linee estemporanee, del Free della Liberation Music Orchestra di Charlie Haden (con cui collaborò negli anni 60) anestetizza la risonanza futurista: ora, più dedita all’insegnamento di Gil Evans e dell’ultimo Duke Ellington, conta sull’apporto di eccellenti comprimari per esprimere uno Stato di Coscienza più elevato e rendere partecipe della ricerca personale ognuno che sia pronto a cogliere una sequenza di movimenti ispirati all’Equilibrio ed alla Ieraticità casuale di un Senso di Armonia esaltante e provvisorio, gioioso e arcano come nel Modale di George Russell e nella Rivoluzione Melodica di Charles Mingus e Don Cherry.

Nel Segno della Nuova Era fluiscono dinamiche crepuscolari (“Utviklingssang”), bagliori umanistici frammentati dal basso di Steve Swallow e dall’onirismo estatico del sax di Andy Sheppard (“Vashkar”), variati nello Swing straniante di “Les Trois Lagons”, condivisi nell’ipnotica ballad “Wildlife” e sopiti nella Bossa variante di “The Girl Who Cried Champagne”, limpida ed empatica calligrafia nell’abbellimento del suono e nella singolare energia, diafana fra il Brunore e la Solarità. 

Nitori vibranti e magnifici, da ascoltare con respiro profondo.

Fabrizio Ciccarelli       

Carla Bley piano, Andy Sheppard sax, Steve Swalllow bass

Utviklingssang

Vashkar

Les Trois Lagons (d’apres Henri Matisse)

- Plate XVII

- Plate XVIII

- Plate XIX

Wildlife

- Horns

- Paws Without Claws

- Sex with Birds

The Girl Who Cried Champagne

- Parts 1, 2 & 3

 

 

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