django reinhardt- swing from paris

Django Reinhardt, Swing From Paris, Universal 1939, vinile Monk 2022

Con una formazione entusiasmante, una delle migliori degli anni 30, Django col quintetto dell’Hot Club de France, una band che, su richiesta del Palace Claridge, avrebbe dovuto suonare tango per divertire i pomeriggi danzanti tanto in voga in quegli anni.

Django, solo due dita in azione per un incidente, col violinista Stephane Grappelli, un virtuoso molto amato a Parigi, un duo perfetto per la scansione ritmica, la vocalità strumentale ed il prezioso linguaggio manouche, quanto opposto dal punto di vista della personalità.

Funambolo Django autodidatta, maestro di passaggi rapidissimi per ottave istintive che giravano per sintassi armoniche charmant e romantiche, disegnate in linee incisive di assoluta ed espressiva cantabilità, intuita ben presto da Grappelli in un virtuosismo denso di chiarori ironici e briosi, energici e divertiti, brani trascinanti che swingano dal french sound del incisivo manouche tzigano di Three Little Words e Runnin’ wild all’azzurro pastoso di Them There Eyes e The Sheik of Araby, divertendo e solfeggiando armonie gitane d’ogni sorta (Django era un sinti) apprese nel lungo girovagare tra Europa e Nord Africa.

Frasi leggere ed  eteree, finché lo colpì il Bebop, ma solo quando fu troppo tardi: dopo una celebre tournée americana, invitato da Duke Ellington che lo presentò come ospite in molti concerti (indimenticabile quello alla Carnegie Hall di New York) si ammalò ma, spaventato dalle prescritte cure iniettive, ci lasciò a 43 anni.

Django è stato uno dei più talentuosi chitarristi di tutti i tempi, un compositore estremamente prolifico, un punto di riferimento per seicordisti, in primis Bireli Lagrene e Stochelo Rosenberg, ed invero Jim Hall, John Scofield e Wes Montgomery.

Giusto è considerarlo un maestro di Musette e Ragtime, di uno swing eclettico e nuovo, un maestro analfabeta di gipsy mitteleuropeo tra i più citati, uno dei jazzisti più influenti delle Blue Notes, ammirato da Maurice Ravel e, per dirne la Varietas, persino modello, a sua detta, di  Ritchie Blackmore,  frontman dei Black Sabbath e dei Rainbow.

Swing from Paris raccoglie incisioni della Decca tra il 1935 ed il 1939  sprigionando energia fin dal primo brano, gioielli come Limehouse Blue, China Boy e I’ve found a new baby: una fortuna trovarlo in vinile con la voglia di sentirlo cento volte e poi ricominciare da capo, avvolti dalla sua tendresse e dalla sua impagabile allegria.

Fabrizio Ciccarelli

    

 

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