Stefano Cazzato-il divino platone(alfredo imbellone)

Il divino Platone: una nota su “Il divino Platone” di Stefano Cazzato

L’amico e collega Stefano Cazzato che insegna filosofia nella mia scuola ha dato alle stampe per i tipi di Moretti e Vitali il bel libro Il divino Platone (2022), una riflessione su filosofia e misticismo con introduzione di Lucio Saviani.

È il quarto libro che Cazzato dedica a Platone, dopo “Dialogo con Platone” (Armando editore, 2010), “Una storia platonica” (Giuliano Ladolfi Editore, 2017), “Il racconto del Timeo” (Giuliano Ladolfi Editore, 2019).

Di Platone non si butta via niente, verrebbe da dire, se non rischiasse di suonare offensivo, o addirittura blasfemo, visto l’accostamento con il divino che Cazzato ne fa in quest’ultima sua opera, concentrandosi proprio sugli aspetti del misticismo che si possono trarre dalla figura platonica.

Meglio allora esprimersi nei termini dell’infinito – o incommensurabile - Platone che più si addicono al mio ruolo di professore di matematica. Nell’ affettuosa dedica che accompagna la copia del libro di cui mi ha fatto dono Cazzato scrive: “Chissà se pensi alle possibilità mistiche della matematica?”. E cosa meglio dell’infinito ci avvicina a questi temi? L’infinito come aspetto del divino, l’infinito quale tema fondamentale della matematica, l’infinito quale trait d’union tra matematica e metafisica.

Alain Badiou, filosofo comunista e figlio di un professore di matematica, ha dedicato un elogio alle matematiche che, insieme ad arte, amore e politica costituiscono le premesse alla filosofia, tanto da poter avanzare una proposta di metafisica fondata sulla matematica.

Georg Cantor che a fine Ottocento dischiuse le porte del Paradiso dell'infinito in matematica morì in clinica psichiatrica, dopo aver incontrato una strenua opposizione alle sue idee da parte di alcuni colleghi scienziati.

Kurt Gödel, il più grande logico-matematico del Novecento, in cui genio e follia andavano a braccetto, oltre a credere nella presenza degli spiriti del passato, dimostrò un teorema sull'esistenza di Dio e scelse di non pubblicarlo mai in vita.

Una futile polemica giornalistica dei primi anni ’90 conquistò per qualche giorno le pagine dei giornali, quando dagli archivi del Cremlino spuntarono fuori alcuni documenti di Palmiro Togliatti (che aveva un fratello matematico) in cui era contenuta l’espressione “divino Hegel”. L’uso di questo attributo sembrava tradire la fede marxista che ci si aspettava dal leader comunista. Si trattava di una bufala: da un controllo più attento dei documenti desecretati risultò che Togliatti si riferisse a Hegel con il termine “vecchio”. L’episodio è curioso per l’evidente importanza che può essere attribuita all’uso del termine “divino” che oggi Cazzato sceglie di assegnare a Platone.

Le vie del divino sono infinite, verrebbe da dire, e più di una volta si incrociano per i motivi più svariati con i sentieri delle matematiche, con l'amore, con l'arte, il mistero, la follia. Ma sarà meglio non perderci in questo dedalo di percorsi e tornare a quello che Cazzato propone nel suo libro che poi proprio di questo tratta a partire da Platone.

Cuore della narrazione da cui trae ispirazione Cazzato risiede nella Settima Lettera in cui Platone parla di sé in prima persona e riflette sulla sua stessa filosofia. In questo senso è un unicum nella produzione platoniana e proprio questa sua caratteristica offre a Cazzato lo spunto per partire da quel testo per cogliere quei segni del divino che si inseriscono in un quadro abbastanza articolato di distacco da Socrate, richiamo a Pitagora, al voto di silenzio, all’orfismo e tradizioni misteriche extra-elleniche, al ruolo dell’amore, alla riscoperta della poesia e delle antiche filosofie.

Se il corpus dell’opera platonica può sembrare dominato da componenti logico-razionali, è il non-detto, o meglio non-scritto, ma non per questo meno importante, anzi, vien da pensare proprio per questo da collocare a un livello superiore, che apre le porte al divino.

Cazzato conduce il lettore per mano in questo viaggio, facendo incontrare gli autori a lui più cari: da Wittgenstein del Tractatus logico-philosophicus che tra le asserzioni principali pone “di ciò di cui non si può parlare si deve tacere”, proprio a sottolineare l’importanza di certi temi indicibili, fino a Simone Weil che in conclusione del libro tratta con estrema naturalezza Platone come un mistico.

In mezzo, Cazzato propone una selezione delle sue filosofie predilette: Nietzsche, Heidegger, Vattimo. Il divino in Platone è un’occasione che l’autore coglie per ragionare sul suo rapporto con Platone, ma anche di filosofia e sulla filosofia in generale, cioè su se stesso, sul suo percorso.

In effetti, la tesi del libro si sarebbe potuta esaurire con uno degli aforismi di cui Cazzato è specialista, contenuti nella raccolta “Studiò diritto, ma poi si piegò” (Giuliano Ladolfi Editore, 2021). Lì scrive: “Platone si nasce, Plotino si diventa” che a ben vedere può essere una estrema sintesi del “Divino Platone”. Ma il libro non è solo lo sviluppo di questa tesi, anzi la tesi si coglie in maniera evidente sin dalle prime pagine, né costituisce un argomento nuovo negli studi su Platone.

La bellezza del “Divino Platone” sta piuttosto nel racconto, nella narrazione che Cazzato fa sull’approdo mistico di Platone. È un viaggio nella vita del filosofo: dai suoi esordi poetici, all’incontro con Socrate e poi l’allontanamento, la mania, la riscoperta delle pulsioni amorose, spirituali, misteriche, il richiamo alle filosofie più antiche della Grecia, la conoscenza delle culture asiatiche ed egizia. Vi sono nel “Divino Platone” tratti di libro giallo, una detective-story filosofica, un po’ alla Tenente Colombo, con il lettore che già sa, o intuisce, dove si andrà a finire, ma il bello sta nello scoprire come Cazzato/Colombo ci arriva.

E proprio la fine del libro rappresenta la conclusione entusiasmante. L’ultimo capitolo dedicato a Simone Weil rappresenta il vero approdo mistico dell’opera. Dopo aver passato in rassegna i “suoi” autori di riferimento, da Wittgenstein a Nietzsche, passando per Heidegger e Vattimo, rintracciandovi gli indizi sulla propensione divina platonica, Cazzato dà la parola a Weil e tutto sembra diventare così chiaro, pacifico, pacificato. Cazzato sembra quasi confondersi con Platone, riscoprire egli stesso, con Weil, una dimensione che va oltre la sua filosofia e gli consente di abbracciare con grazia e unione amorosa l’oggetto del suo libro. Anziché avere il classico epilogo del detective che a fine giallo spiega per filo e per segno come siano andate le cose, il libro di Cazzato si conclude con un’illuminazione che stempera la natura gialla del racconto e si apre alla verità.

E Simone Weil permette anche di rispondere alla domanda che Cazzato pone nella dedica sulle possibilità mistiche della matematica. Weil non ha dubbi: Platone, come Pitagora e gli Orfisti, intende Dio come un perpetuo geometra, l’attaccamento alla geometria è di natura essenzialmente religiosa, e per questo scrive sulla soglia dell’Accademia "Non entri nessuno che non conosca la geometria". In un bel carteggio con il fratello André, matematico del gruppo Bourbaki, Simone Weil lamentava anzi che la matematica moderna si sia discostata da quella vicinanza con l’universo che aveva presso i Greci, in Platone e prima di Platone.

È lo stesso appunto che si può muovere alla filosofia. E il libro di Cazzato ne dà in qualche modo conferma: se è vero che gli aspetti mistici della filosofia platonica debbano quasi essere scoperti, individuati, analizzati è perché il nostro sguardo moderno tende a separare, sezionare, etichettare, specializzare.

Nel libro di Cazzato la vicenda del divino Platone è proprio il mezzo per lamentare questa perdita di unità, nella contrapposizione tra Logos e Divino, come già avvenuto ai tempi dei Greci e poi proseguito nelle filosofie fino a noi. Cazzato lo fa con maestria, partendo da Platone, riferendolo a se stesso e infine proponendolo a noi.

Alfredo Imbellone

 

Stefano Cazzato, Il divino Platone. Filosofia e misticismo. Moretti e Vitali 2022 (128 pp.13 euro)

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