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Astor Piazzolla, Libertango, Polydor 1974, vinile 2022

Il Nuevo Tango e la Libertà del Nuovo Mondo

L’esatto confine tra il Tango, il Jazz, la musica del 900 e la Classica è indubbiamente nei pentagrammi e negli arrangiamenti di uno dei maggiori interpreti del Sentimento Nuevo, il Nuevo Tango del maestro argentino, eccellente bandoneista, ispiratore di miriadi di letture da parte di innumerevoli musicisti, vuoi per ragioni puramente estetiche vuoi per motivi esistenziali (“il Tango è una precisa visione della vita”, diceva giustamente lo scrittore di Buenos Aires Jorge Luis Borges, uno dei massimi intellettuali moderni) vuoi per motivi politici, in quanto Piazzola espatriò, ufficialmente per un infarto, dalla sua terra vilipesa dalle dittature militari per rifugiarsi in Europa, per nostra buona sorte in Italia, dove incise nel 1974 questo album negli studi della Polydor con Pino Presti, Tullio De Piscopo, Gianni Bedori e tanti altri, sotto la direzione artistica di Aldo Pagani, intelligente e sensibile musicista e compositore cui dobbiamo davvero tanto.

Nel suo cammino di innovatore più che consapevole di quanto il Tango avrebbe potuto esser traslato in Blue Notes dal tono sinfonico e cameristico, Astor Piazzolla definì una volta per tutte questa svolta decisiva, liberando una straordinaria creatività di fronte al pubblico europeo per poi divenire, a livello mondiale, un’icona di stile e virtuosismo nel variare dei colori e dei finimenti timbrici, dei registri cromatici  e di un timing sincopato ripetuto in una personalissima atmosfera riflessiva, soprattutto nei soli ispirati sia al valzer musette che ai ritmi più popolari dei barrios di Buenos Aires, dove il Tango da sempre si ballava in saloni tappezzati di velluto rosso e da specchi in cui si riflettevano i Bailarines, i ballerini dagli abiti neri e dai gilet damascati che vivevano la propria storia liberamente (appunto Liber Tango) con passi sensuali e focosi su un proscenio che un potere politico ferocissimo non riuscì mai a chiudere, nemmeno il “popolarissimo” populista Peròn e nemmeno i tanti autori di colpi di stato [con la crudeltà ottusa di quella Censura degli infami in divisa, responsabili di migliaia di torture e omicidi ignorati, denunciati inutilmente dalle madri di Plaza de Mayo che a tutt’oggi cercano giustizia, ma inutilmente, per i meri interessi economici delle cosiddette Nazioni Libere d’Occidente, impegnate in qualche Vietnam da conquistare per il benessere di Mafie e manipolatori delle Borse, né più né meno di quanto oggi accade].

Di quelle vergogne ci sembra testimonianza storica  la dizione libera (e ancora una volta poniamo l’accento sulla bellezza di quel senso di Libertà) nel profondo Pathos di Libertango, nella luminosa nostalgia di Adios Nonino e nel bruno notturno di Novitango.

Quanta emozione in quell’accordeòn “umano più che umano”, per dirla alla Nietzsche. Certe frasi musicali, certi accenti improvvisi, certe timbriche, certe emotività riflesse in un ampio e raffinato spettro cromatico sono patrimonio assoluto dell’Umanità per la bellezza del Suono ed una capacità quasi illimitata di improvvisare chorus dopo chorus in miriadi di note, scale ed arpeggi che si succedono con un virtuosismo naturale, spontaneo e mai narcisistico, vario nei colori  e in un senso del timing in eccellente confidenza con una sezione ritmica pienamente al seguito del passo tanto  appassionato del Maestro Piazzolla.

Il titolo del brano è costituito dall'unione dei termini "Libertad" e "Tango" e, secondo le solite interpretazioni “ufficiali”, simboleggia il programmatico passaggio di Piazzolla dal tango tradizionale al Tango nuevo, ma non secondo chi scrive. Nell’Argentina di fine anni 60, durante il regime nazionalista del Generale Onganía e la conseguente repressione di qualunque forma di dissidenza presente nell’ambiente culturale, sindacale e universitario, culminante nella cosiddetta “guerra sporca” tra 1976 e 1979  e nella tragedia dei “desaparecidos”, le sperimentazioni di Astor Piazzolla divennero sinonimo di novità e rottura: già nel 1969 il grande successo del valzer-tango di “Balada para un loco”, aveva irritato il Potere. Come detto, nel 1973, dopo un infarto Astor Piazzolla si rifugiò in Italia: «me ne vado perché a Buenos Aires sono uno dei tanti disoccupati che riempiono le strade».

“Hay Tango y Tango”: credo che la Dea della Musica voglia che si dica sempre di se stessi, e a questo lui restò sempre fedele, anche in un Mondo oltre il Mondo, con l’ esilio doloroso e solitario, chiuso nel loft romano di Via dei Coronari: la Storia di Libertango, una Storia da ascoltare quale Sintesi della letteratura musicale e della filosofia libertaria del 900, perché la Musica non è mai solo Musica.

Fabrizio Ciccarelli

Astor Piazzolla – bandoneon, composizioni, arrangiamenti e orchestrazioni

Pino Presti – basso

Tullio De Piscopo – batteria e percussioni

Gianni Bedori – flauto

Marlene Kessik – flauto

Gianni Baiocco – flauto

Hugo Heredia – flauto

Filippo Daccò – chitarra

Gianni Zilioli – marimba, organo Hammond

Felice Da Vià – organo Hammond, piano

Andrea Poggi – timpani, percussioni

Elsa Parravicini – viola

Umberto Benedetti Michelangeli – violino

Paolo Salvi – violoncello

Aldo Pagani – produzione

1.Libertango – 2:47

2-Meditango – 5:38

3-Undertango – 4:08

4.Adiós Nonino – 5:35

5.Violentango – 3:34

6.Novitango – 3:33

7.Amelitango – 3:59

8.Tristango – 6:54

in ascolto su https://www.youtube.com/watch?v=yvtpT1ARF1o&list=PLZSlkmp1ZK2lXM5cDQRtpQxLCzLv2OHju

 

 

 

 

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